Musica

La musica bisestile. Giorno 77. Dave Brubeck

13 Ottobre 2018

TIME OUT

 

Una biografia da bianco dei quartieri alti: famiglia di musicisti, scuole migliori a New York, diploma di conservatorio e matrimonio “buono” ancora giovanissimo, poi militare sotto il Generale Patton in Europa, ma tolto subito dal fronte e nominato componente della banda militare, poi un quartetto con Paul Desmond che suona tutte le sere al Birdland di New York, dove suonano i più bravi del mondo, poi collaborazioni con Gerry Mulligan, Chet Baker, Sonny Rollins. Insomma: Dave Brubeck ce l’ha fatta subito, perché era bravo e fortunato, e perché aveva idee chiare su come cambiare la storia del jazz, ed i contatti giusti per farlo, quando non aveva ancora 30 anni.

“Time out”, 1959

Era anche sposato: con un pezzo grosso che è stata in grado di farlo diventare il primo suonatore di jazz copertina su TIME, nel 1953, poi di portarlo ad avere un contratto principesco alla Columbia CBS. Lì lui ha solo 33 anni ed è considerato l’inventore del cool jazz – ed è proprio vero, è lui di cui dicono che suona quasi soltanto i tasti neri del piano, che è diverso, che suona ritmi sconosciuti. Il famosissimo Teo Macero lo scrittura per la colonna sonora di “Via col Vento”, e nelle pause lui e Paul Desmond registrano i brani di “Time Out”, che segnano una vera e propria rivoluzione persino per i dettami del “jazz freddo”. Un disco folle, vera,mente rivoluzionario. “Take five” (prova numero cinque), in cinque quarti, e “Blue Rondo a la Turk” (nove ottavi) vengono stampati su un 45 giri e vendono in poche settimane oltre un milione di copie.

Il disco è ancora oggi l’ispirazione di tantissimi musicisti e di tantissime melodie anche nel pop (Paul McCartney prese il riff di “All my loving” da “Kathy’s waltz”, tanto per citarne un esempio…). E poi basta. Già, perché dopo questo disco Brubeck si ferma, perde progressivamente l’imteresse nel jazz, ed a 40 anni si mette a scrivere musica classica ed a suonare in pubblico solo vecchie cose, solo con gli amici e raramente per concerti veri e propri. Così ha continuato a fare finché non è morto, a 92 anni, dopo una vita serena e (spero) meravigliosa come sembra. Glielo auguro di cuore, perché il giorno in cui il suo capolavoro, “Time out”, venne pubblicato, sono nato io, che ho preso da lui il ritmo strambo, la cerebralità, e, spero, il sorriso. E quando sono veramente solo, solo con me stesso, ascolto questo disco straordinario, e sono pieno di universo.

 

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