Musica
La musica bisestile. Giorno 74. Lucio Dalla
AUTOMOBILI
Mi chiedo se Lucio Dalla vada commentato, o se non sia superfluo, ma poi mi rendo conto che Dalla ha vissuto almeno quattro vite da artista, e che la stragrande maggioranza delle persone conosce l’ultima fase, quella il cui epicentro è “Caruso”, e forse quella dei suoi primi dischi da cantautore, quelli (per capirsi) con capolavori come “L’anno che verrà”, “Come è profondo il mare”, “Anna e Marco, “Disperato erotico stomp” e tantissime altre ballate che sono, per l’appunto, famosissime. Esiste però un primo Lucio Dalla, quello di “Paff bum” (il primo brano rock cantato al Festival di Sanremo), quello dei film spaghetti-western, quello un po’ marionetta che finisce quando lui indovina “4 marzo 1943” e “Piazza Grande”. Da lì in poi c’è la fase che preferisco, quella del poeta jazz, del musicista che faceva sembrare facili le cose complicatissime, e che dal palco diceva: “Non ci sono persone stonate, ma solo persone insicure” ed aggiungeva: “ognuno di noi ha almeno una canzone dentro di sé, ed avrebbe l’obbligo di cercarla e donarla tutti”.
Il mio disco preferito nasce in questa fase. Dapprima fu uno spettacolo a teatro, scritto dal poeta Roberto Roversi e dai musicisti Lucio Dalla e Paolo Conte: “Il futuro dell’automobile ed altre storie”. Era nella tarda primavera o nell’autunno del 1976, non ne sono più sicuro, ed io l’ho visto in TV. C’erano brani complicatissimi, pieni di dissonanze ed armonie complesse, una scimmia sul palco che, delirando, secondo Dalla impersonava l’anima dell’automobilista, e c’era Nuvolari, l’Uomo/Dio, colui che – unico tra tutti – dominava le forze dell’Universo, invece di esserne dominato.
Ero giovane, lo trovai noioso. Dopodiché, alla radio, Guido e Maurizio De Angelis avevano iniziato a spiegare perché quei brani fossero meravigliosi e rivoluzionari, ed ho iniziato ad intuire che, una volta in più, la grandezza di un artista possa essere nascosta dietro un muro di complessità tecnica che va affrontato, interiorizzato, compreso, digerito. Perfino “Intervista con l’Avvocato”, che davvero non avevo compreso affatto, ha una profondità più unica che rara. Per questo non so dirvi perché, subito dopo l’uscita del disco, scaturito dallo spettacolo, Lucio Dalla partì per le Isole Tremiti, dove rimase per diversi mesi, e tolse il saluto a Roberto Roversi.
Da quel momento in poi arriveranno i dischi più famosi, e che la gente ama di più, ma io vi suggerisco di guardarvi indietro, e comprare “Automobili”, “Anidride solforosa” ed “Il Giorno aveva Cinque Teste”. Scoprirete un genio vero, discolo ed apparentemente confusionario, pieno di voglia, di allegria, di malinconia, di disappunto, delusione ed ottimismo inguaribili. Che resuscita come un ramarro, come Nuvolari.
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