Musica
La musica bisestile. Giorno 71. Die Sterne
POSEN
VON ALLEN GEDANKEN SCHÄTZE ICH DOCH AM MEISTEN DIE INTERESSANTEN
Una sera a Basilea, niente da fare, un milione di anni fa. Il quotidiano locale mi consiglia di andare a vedere “Le Stelle”, Die Sterne, la band più famosa della Scuola Amburghese. La mia avventura in Germania non è ancora iniziata, siamo ancora nell’estate del mio divorzio, l’Italia sta per perdere i Mondiali di calcio ai rigori contro il Brasile. Sicché vado, e non è un concerto con molti spettatori – Die Sterne sono ancora un fenomeno underground. La band sta ciondolando sull’orlo del palco. Ascolto Christopher Leich e Frank Will che discutono di band gloriose di amici loro, come i Goldenen Zitronen, che sono gli Dei del punk tedesco. Ne parlano con Schorsch Kamerun e Ted Gaier, i due leader dei Limoni d’Oro, che stanno lì al concerto, chissà perché.
Per me, che parlo ancora poco tedesco, sono difficilissimi da capire, usano frasi complesse, parlano di cose interessanti, di Gentrification, di manifestazioni di massa, di resistenza contro il potere delle multinazionali, di sputtanamento dei Verdi. Chris (batteria) sembra un bulletto di quartiere ripulito, Frank (tastiere) sembra Plastic Bertrand, con un ciuffo da uccello tropicale al posto della zazzera. Il punk, ragazzi. Arriva Thomas Wenzel (basso), che invece sembra un impiegato di banca, e poi Frank Spilker, alto quasi due metri, la faccia da Frankenstein, i denti completamente rovinati – il cantante, lo Shane MacGowan d’Amburgo.
Il concerto è stupendo, ma con i testi faccio fatica, è gente che ha qualcosa da dire, sono costrutti complessi. Ma la musica è stupefacente: tanto basso e tantissima elettronica, la chitarra è solo uno strumento ritmico, anche perché il batterista non vincerà mai un gran premio di rock’n’roll. Le melodie sono furbacchiotte: cose che riecheggiano robe conosciute, ma completamente rifatte, con un sound del tutto particolare. Mi piacciono tantissimo – ed ho usato questi due dischi, “Posen” e “Die Interessanten” (che uscirono due anni dopo quel concerto, quando oramai parlavo tedesco perfettamente), per migliorare la lingua.
E poi finii ad Amburgo e loro divennero il mio giro personale di amicizie, Ted venne a vivere in Toscana con me, mi fecero suonare con la mia band al Melt Festival, davanti a decine di migliaia di persone. Conobbi l’altra faccia della band, quella che suonava il country con la più grande band femminile, Die Braut Haut ins Auge (La sposa picchia agli occhi), ed insieme erano un combo di countryrock zigano chiamato Cow. ma soprattutto conobbi la band di rhythm’n’blues che era composta, a turno. da tutti i chitarristi della Scuola Amburghese: Die 4 Normale Beatles, che suonavano blocchi di 8 canzoni, incastrate l’una nell’altra, tutte famosissime, tutte fatte a modo skiffle, ovvero come i Beatles all’inizio. Vi giuro: quando suonavano loro persino io ballavo, e ballavo per ore.
Die Sterne ha cambiato più volte formazione, ma quei due dischi iniziali sono rimasti i più belli, ed anche quelli cui sono più affezionato, e secondo me sono la chiave se volete capire la cultura di sinistra della Germania dell’ultimo quarto di secolo. Non più serissimi militanti che non scazzano, ma allegri folletti, testardi ed ideologici al contempo, gente che è divenuta famosa senza fare i soldi, perché la seconda opzione non è mai stata prevista. Oggi abbiamo smesso di frequentarci, ci sono state divergenze di opinioni, screzi, storie di donne (non con me), abbiamo tutti più di 50 anni, siamo cambiati. Siamo ancora “amici di Facebook”, che vuol dire soltanto che facciamo ancora attenzione a cosa stia facendo ciascuno di noi. Come cantavano i Tocotronics, “ci piacerebbe far par parte di un movimento studentesco”, che però non è mai esistito. Ma va bene così, la musica resta indimenticabile.
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