Musica

La musica bisestile. Giorno 68. Gato Barbieri

9 Ottobre 2018

CHAPTER THREE: VIVA EMILIANO ZAPATA!

 

Quando si trasferì a Roma, nel 1962, insieme a Lalo Schifrin (che era stato uno dei suoi maestri) Gatoi Barbieri era il più famoso jazzista argentino. Uno che aveva messo insieme la musica latina, il rock, il pop, la musica etnica, e ne aveva tratto qualcosa di profondamente sudamericano e, al contempo, riconoscibile come suo proprio, unico, accettato da tutti come jazz, anche quando non lo era – come quando componeva musica da film famosa, come quella dell’Ultimo Tango a Parigi.

“Chapter three: Viva Emiliano Zapata!”, 1974

Non ci crederete, ma venne a vivere a Roma, perché allora era un posto d’eccellenza per il jazz, e difatti suonava per la band di Don Cherry. Ma a Roma c’era venuto per amore, perché la sua Michelle aveva voluto così, gli aveva detto “o Roma o ti lascio”, e lui credeva di poter suonare ovunque, ma di non poter vivere senza Michelle. Quindi arrivò a Fiumicino senza sapere nulla, con in tasca il numero di telefono di Ennio Morricone, che gli procurò un lavoro – registrava canzonette in studio. Per esempio, è lui che suona il sax in Sapore di Sale di Gino Paoli, ed anche in Samba Pa Ti di Santana…

Gato andava in giro a suonare con Carlos Santana, Carla Bley, Herb Alpert, e poi tornava a Roma. Se ho capito bene ciò che dicono gli osti più anziani, lui e Michelle abitavano all’Aventino, mangiava nelle bettole più improbabili, adorava i saltimbocca di una certa trattoria di Testaccio (il nome non lo ricordo), ed una volta cenava dal “Ciociaro” a Via Barletta, ma ero troppo intimidito per salutare, e Michelle era troppo bella e distante per un ragazzino di una borgata romana. Magari, senza saperlo, può essere che io abbia ascoltato dei suoi concerti al Folkstudio (dove ha conosciuto Venditti, con cui ha suonato), ed anche lui fosse lì, nel pubblico affumato ed assudato di cui ho tanta nostalgia.

Gato e Michelle Barbieri

Amava la stessa musica che amavamo noi, specialmente De André, Pino Daniele (con cui ha suonato) ed il Perigeo. Alla fine degli anni 80 era uno dei musicisti più acclamati, famosi ed anche ricchi del mondo – ma, dopo una lunga malattia, perse Michelle. Piantò tutto e tutti, non suonò per oltre dieci anni, finché non conobbe Laura, che lentamente rimise insieme i pezzi del suo cuore e lo riportò sul palco. É morto due anni fa, ad 83 anni, ed ancora suonava. Nella sua vita ha registrato una quarantina di dischi, ma quelli che preferisco sono i quattro registrati per la Impulse tra il 1972 ed il 1975, in cui il suono è gonfio, largo, maestoso, e la band – composta da due dozzine tra i migliori musicisti a disposizione – è davvero stellare. Dei quattro, il terzo mi piace di più, perché è quello più latino, quello che mi ricorda maggiormente del Gato che avevo imparato ad amare per caso, perché sulla stessa bancarella di dischi usati c’erano i Concerti di Colonia di Keith Jarrett ed i quattro capitoli di Barbieri.

 

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