Musica

La musica bisestile. Giorno 64. The Hooters

7 Ottobre 2018

ONE WAY HOME

 

Nella seconda metà degli anni 80, molta della musica commerciale di grande successo venne influenzata da un piccoletto, nato bassista e divenuto col tempo eccezionale polistrumentista, uscito dal nulla dell’Università del Connecticut e poi affermatosi nei club di New York e Philadelphia, di nome Rick Chertoff. Costui aveva avuto una grande idea: ci sono al mondo migliaia di straordinarie melodie, di cui la gente non si è accorta. Ed altrettante, che sono state rovinate, registrandole come rock, o pop commerciale, in modo sciatto e senza fantasia. Oppure, che sono soltanto una delle decine di linee di capolavori.

“!One way home”, 1987

Quest’ultimo è il modo in cui ha lavorato Lenny Kravitz, che in tutta la sua carriera non ha fatto altro che prendere brani dei Beatles, suonarli con gli accordi invertiti (mettendo in evidenza non la nota dominante, ma la terza o la quinta) e trovando una melodia un po’ nuova ed un po’ copiata da metterci sopra, di modo che alla gente piacerà (ricorda qualcosa che hai sulla punta della lingua e non ti viene) e tu non devi avere nessuna creatività, solo pignoleria e faccia come il culo come Phil Collins. In questo modo Chertoff, scelto come produttore dalla Arista e dalla CBS, nel giro di due anni tirò fuori (scrivendone almeno i due terzi delle melodie) i seguenti dischi: “She’s so unusual” di Ctndi Lauper, “Lost in love” degli Air Supply, “Word of Mouth” dei Kinks, “Stereotomy” e “Gaudi” degli Alan Parsons Project – per continuare negli anni successivi come produttore di Cypress Hill, Lauryn Hill, the Fugees, Wyclef Jean, Joan Osborne, Sophie Hawkins, etc etc etc.

Si tratta quindi di un musicista che ancora oggi influenza in modo determinante il pop mondiale. Chertoff ha due amici di gioventù, Rob Hyman ed Eric Bazilian, mediocri musicisti della scena di Philadelphia, che da anni hanno un complessino di sfigati, the Hooters, che insegue le mode cercando di sembrare i Duran Duran, poi The Who, poi The Pogues, poi Bob Geldof… insegue, insegue, e non raggiunge mai. Chertoff dice loro: ok. Vi regalo un disco. Voi mi portate una decina di canzoncine, io ve le trasformo e suono tutte le parti sul disco, voi le imparate e diventate famosi. Ed è andata esattamente così. Hyman e Bazilian portarono in studio circa 30 canzoni, in parte già registrate, e Chertoff le riscrisse usando come faro i Pogues, gli U2 e gli Hothouse Flowers, e ne uscì fuori questo album capolavoro, che catapultò gli Hooters in cima alle hit parade mondiali.

Rick Chertoff negli anni ’80

Detto così, si tratta di qualcosa da odiare, non credete? Invece no. Perché Chertoff, a mio parere, è un genio. Ha preso la commistione tra rock e musica folk irlandese, e ci ha messo sopra accordi di ska ed armonie della musica gospel, il tutto tenuto insieme dalla musica sintetica ed asettica che, in quegli anni, non ha fatto grande solo Cyndi Lauper, gli Wham, i Duran Duran, gli Spandau Ballet, gli INXS, Kylie Minogue e mille altri, ma ha posto una misura decisiva per estrapolare la musica dal proprio contesto, trasformando ogni band in un gruppo di attori non protagonisti, che recita in film di cinque minuti, di cui l’unico musicista scrive la colonna sonora – ed infatti Chertoff ha scritto decine e decine di soundtracks. Ascoltate “Satellite”: The Edge mischiato con Liam O’Maonlai, isn’t it?

Grandioso… Come racconta Eric Bazilian, lui e gli Hooters lavorarono per mesi, in studio, per imparare a suonare dal vivo le loro canzoni, così come le aveva composte Chertoff. Questo sviluppo, dal punto di vista culturale, ha reso il punk (e l’immane capacità creativa di chi, essendo partito da lì, ha poi scoperto la tecnica individuale ed alcuni elementi di composizione) l’ultima luce della musica rock, trascinando a valle tutto il resto, dai Backstreet Boys a Ricky Martin, da Robbie Williams a Justin Timberlake ed a Gwen Stefani. Tutta roba in cui Chertoff a messo le mani, e si sente.

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