Musica
La musica bisestile. Giorno 5. Frank Zappa & the Mothers of Invention
Frank Zappa è arrivato alla completa maturità e sta per candidarsi alla Casa Bianca, mentre lancia finalmente la propria casa discografica e rompe gli ultimi tabù rimasti, sfottendo personalmente Bob Dylan, Bobby Brown e tutti i simboli del sistema
SHEIK YERBOUTY
La litigiosità di Frank Zappa con le case discografiche aveva finalmente visto la fine. Dopo aver creato la Reprise insieme a Frank Sinatra, ed averla venduta in un momento di debolezza economica (la sua band eccezionale costava fior di quattrini, e la sua sterminata famiglia non era da meno), Zappa era finito alla Warner Bros., dove l’avevano strozzato di cavilli. Uno fra tutti era per lui impossibile da rispettare: nei dischi doveva finire materiale che l’umanità non aveva mai sentito prima, mentre le Mothers avevano sempre lavorato al contrario. Sul palco a qualcuno veniva un’idea, questa veniva sviluppata di serata in serata, ed alla fine del tour veniva registrata. In questo modo, ad esempio, uno dei dischi più belli di Zappa, “Apostrophe”, aveva la prima facciata registrata in un solo take, senza vere pause tra i brani, che costituivano anche, concatenati, un’unità narrativa, la storia del povero Nanook che inciampava, da eschimese ignaro, nelle schifezze psicotropiche di noialtri.
Alla fine degli anni 70 il contratto con la Warner Bros. arrivò a scadenza e, con i soldi risparmiati durante l’ultimo tour, lo studio di registrazione di casa venne ampliato e venne fondata la Zappa Records. Il mio disco preferito delle Mothers è quindi il primo pubblicato per la nuova etichetta, che è un grido di liberazione, un’esplosione di energia creativa, una svolta ancora più decisa nella direzione di combinare critica sociale (dileggio), critica musicale (usando giri semplicissimi, poi ipercomplicati nel corso dell’esecuzione) e critica culturale: in “Flakes” Bob Dylan ammette di suonare solo per soldi, e di spendere tutto in prostitute; in “Bobby Brown” il marito di Whitney Houston racconta di essere un omosessuale violento ed esibizionista; ed in “Jewish Princess” Zappa spiega nel dettaglio cosa gli piacerebbe fare con una principessa ebrea nuda chiusa nella sua stanza – una canzone che venne criticata in modo talmente aspro, da convincere Zappa, nel disco successivo, a scrivere una canzone altrettanto chauvinista sulle “Catholic Girls”.
Quasi tutto il disco è stato registrato dal vivo, e poi lungamente rielaborato in studio. Il titolo, che con il suo “Shake your booty” ammicca alla discomusic (“Dancin’ fool”), accenna al fatto che molti dei brani sono pezzi che si sarebbero potuti ballare, e comunque ci sono avventure a sfottere altri generi musicali, come “Broken hearts are for assholes”, che dialoga con il punk in una rincorsa a chi sia più “asshole”, e termina in “I’m so cute”, in cui il cantante punk celebra il proprio narcisismo segreto. Per i puristi, non temete, ci sono le solite scene di sesso, quelle non mancano mai. “I have been in you” sfotte una vecchia canzone di Peter Frampton, e racconta la pausa tra due amplessi, ma c’è di più, l’intero disco è pieno di riferimenti spermatici. Dopodiché ci sono lunghissimi assoli di chitarra, che mostrano a che punto Zappa sia arrivato nella sua concettualizzazione. Il sound assomiglia a quello che, negli anni 80, sarà caratteristica di tutte le produzioni di Todd Rundgren. Venendo da strade diverse, entrambi mostravano una repulsione per i riff del blues, del folk, del country e del rock degli anni 70. Meglio qualcosa di più cerebrale, metallico, molto vicino a certe atmosfere della musica classica contemporanea, che Zappa adorava, e non solo per Satie ed Edgar Varese, che erano stati i suoi idoli di gioventù.
Questo disco, quindi, è stato una sorta di funerale. Il tempo degli amori della mia generazione finisce qui. Dylan, CSNY, Byrds, Joni Mitchell, Yes, King Crimson, Genesis, Jethro Tull – tutto è finito, ripetitivo, esanime. Ci vuole una musica nuova. Una musica che, secondo Zappa, non può essere il punk. Iniziano anni bui di pochissime eccezioni, prima che si arrivi ai grandi degli anni 90. Grandi che, purtroppo, Frank Zappa non potrà mai incontrare. Chissà quali meraviglie ne sarebbero uscite fuori.
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