Musica
La musica bisestile. Giorno 49. Goldfrapp
FELT MOUNTAIN
La critica internazionale si sfoga, con sussiego degno di miglior causa, di celebrare ogni nuovo disco di questo duo inglese, come il nuovo epicentro della musica dance mondiale, quando si tratta di un rabberciato esempio di folktronica tra il becero e Sophie Ellis Bextor truccata meglio. Allora scusate, tanto meglio “Don’t marry her, fuck me” dei Beautiful South. Il fatto è che Alison Goldfrapp e Will Gregory sono un duo di musicisti non particolarmente creativi, che negli anni hanno scelto produttori che hanno costruito intorno a loro un sound, uno nuovo per ogni disco (tant’è che dal vivo le tastiere non le suonano loro, ma Andy Davies). Insomma, sono solo un progetto pubblicitario a colori. Tanti colori.
Ma allora perché ho inserito questo tra i migliori dischi che conosco? Quelli da avere per forza? Perché l’intero disco è costruito sulla musica di Ennio Morricone, con dei testi belli, apparentemente tratti da incubi della cantante, che, legati alla musica, ti danno l’impressione che si tratti del canto d’addio di Circe prima del suicidio, o delle melodie carcerarie di una vestale che è stata colta sul fatto con un guerriero visigoto. Il risultato del laboratorio idroponico della casa discografica ha prodotto un vero capolavoro di malinconia, maestosa nostalgia, di eterea schizofrenia. Si sente fortissima l’influenza di Air, ma finalmente qualcuno che non sa chi fosse Jean-Michel Jarre e che suona liberato da questo inutile orpello.
Sicché il disco è mistica pura, ma senza dolore, quanto piuttosto una sensazione di alieno, di trascendentale, un retrogusto di 2001 Odissea nello Spazio, ma senza l’aura western che distrugge la credibilità di Star Wars. Quindi è un disco unico, nella storia della musica non c’è niente che veramente gli assomigli (va bene, vorrebbero essere i discendenti dei Portishead, ma come si permettono, visto i dischi futili che hanno fatto dopo questo meraviglioso esordio…), come un frammento di ventricolo sbreccato che abbia imparato a battere nonostante i suoi presupposti siano venuti meno. La sua unicità risiede forse proprio nel fatto che la band, da sola, non è in grado di far nulla, e quindi non è nemmeno in grado di replicare sé stessa. Li ho visto dal vivo, erano dal morto. Lei cantava davvero, il resto usciva da un registratore, non un solo strumento sul palco, nemmeno un computer. Ma la musica è bellissima, ed ha sempre ragione lei.
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