Musica

La musica bisestile. Giorno 45. Ton Steine Scherben

27 Settembre 2018

KEINE MACHT FÜR NIEMAND

 

In Germania, per tradizione, la rivolta nasce dal teatro di satira, dai clown, e diviene solo molto dopo opposizione ed alternativa politica. Ancora oggi, la cultura è la madre dell’ideologia, ed è per questo che mi trovo molto più a mio agio in Germania che in Irtalia. Scemi ed antipatici ce ne sono ovunque, ma una società tutta incentrata sulla cultura non la conoscevo, prima di imparare veramente il tedesco. Come dice De Gregori in “Cuore di cane”, mirabilmente cantata da Fiorella Mannoia, “imparare la lingua degli altri è imparare ad amare”. Rio Reiser ed i suoi amici, nel 1966, facevano cover della beat music inglese, aggiungendo qualche timido pezzo proprio. E giocavano a fare i clown: è iniziato tutto da lì.

“Keine Macht für Niemand”, 1972

Dal 1970, i Ton Steine Scherben (Argilla, Pietre e Detriti, ciò che restava del Paese dopo la Guerra) divennero la bandiera del movimento contro una burocrazia, una magistratura ed una polizia, che erano ancora pieni dei resti del potere nazista. Cantavano “Macht kaputt was euch kaputt macht” (Fate a pezzi ciò che sta facendo a pezzi voi), suonavano gratis, la gente li adorava. Ma la Germania è immensa, le distanze enormi, le differenze campanilistiche ancora più grandi che in Italia. C’era ovunque un senso di insoddisfaziome, di ribellione, di insofferenza, ma non un movimento organizzato.

Poi, nel dicembre del 1971, un edificio dell’università di Berlino, il Bethanien, vuoto da anni, venne occupato dagli studenti che non avevano soldi per pagare affitti e trasporti in una città resa cara dal boom economico e dal fatto di essere di fatto circondata dalla DDR e, quindi, sottoposta ad un regime di Polizia speciale. Ton Steine Scherben divenne il coro degli occupanti e del movimento che nacque intorno a loro ed alla massa di berlinesi che, pur non partecipando all’occupazione, la vedeva di buon occhio e condivideva l’odio per il potere nazista sopravvissuto alla Guerra. Un potere che cercava con tutti i modi, prima di tutto la violenza, di far sloggiare gli studenti, soprattutto dopo che la Direzione dell’Università, che in gran parte solidarizzava con l’occupazione, decise di lasciare il palazzo al movimento.

L’immenso palazzo dell’ex Ospedale di Bethania, nel quartiere berlinese di Kreuzberg, occupato ed autogeestito dal 1971

I giornali giustificarono un attacco brutale e militare, paragonabile a quello della Scuola Diaz a Genova, mostrando agli esterrefatti gioirnalisti della TV una cassetta di bottiglie vuote di birra, raccolte dopo una festa, che per i magistrati erano la prova lampante che il movimento stesse preparando decine di molotov per un attacco a chissà chi. Rio Reiser e la sua band scrissero un album doppio: disperato, rabbioso, stupendo, insuperabile, e lo chiamò “Nessun Potere per Nessuno”, in un grido di dolore anarchico e libertario, che univa i lavoratori delle fabbriche, la gente comune, gli studenti, il movimento dei disoccupati.

Rio Reiser

Dodici brani, dodici ferite nel sistema, dodici canzoni che ancora oggi tutti conoscono e cantano a memoria. Dodici bani che raccontano di Mensch Meier, l’Uomo Meier, lavoratore in fabbrica, che ha il figlio tra gli occupanti del Bethanien, e che incita a non pagare il biglietto del tram (Mensch Meier), che parla della povertà della gente qualunque, del bisogno di amore e di speranza (Passo dopo passo in Paradiso, Vieni dormi con me), della disperazione (Il Sogno è finito, ma io darò tutta la mia vita, perché ritorni e divenga realtà), la rabbia per gli attacchi incendiari della polizia (La canzone della Casa che Fuma), e poi l’inno a non restare soli (Da solo ti distruggono, Allein machen sie dich ein), in cui Rio Reiser spiega che, finché a protestare saranno quattro gatti, ci sarà solo sangue innocente, ma se 80 milioni di tedeschi dicono basta, allora i nazisti se ne andranno “alle Bahamas, oppure in Ticino, il diavolo sa meglio di tutti dove”).

La polizia attacca le case occupate di Berlino, 1972

Per finire con “Nessun potere per nessuno”, una chiamata a battersi insieme, perché non importa se sei donna, uomo, giovane, vecchio, occidentale o orientale, se non li fermiamo ci faranno a pezzi. Voi direte che è stata una visione romantica ed un po’ ingenua. I tedeschi fanno le cose sul serio. Rio Reiser è morto. Gli altri sono ancora lì, perché l’occupazione del Bethanien continua ancora oggi, e quel disco è il più grande capolavoro della storia del rock tedesco. Ancora una cosa. Voi, saputelli, che oggi sputate sentenze e credete che il movimento fosse cosa ridicola o criminale, fate pure. Non volevamo l’Unione Sovietica, ma la libertà. Non volevamo essere trasformati in consumatori, come siamo diventati tutti, ma restare cittadini. Non volevamo restare soli, volevamo essere solidali. Volevamo essere allegri, rabbiosi, mostrare energia, essere riferimento, trovare una chiave diversa. Il fatto che non siamo stati capaci, che siamo stati travolti, sporcati, umiliati, che ci siamo in parte venduti, non vuol dire che il sogno fosse sbagliato.

Gli occupanti delle case di Berlino attaccano la Polizia,.1972

Eravamo sbagliati noi. Eppure eravamo belli, come i piccolo borghesi di allora ed i qualunquisti di oggi non saranno mai, ed abbiamo qualcosa nel cuore che ci scalda, e che è tutt’altra cosa dall’odio e dall’invidia che ancora vi rodono. Der Traum ist Aus, Rio, e noi non lo abbiamo difeso. Ma siamo ancora qui. Anche se è difficile riconoscerci, vecchi e stanchi come siamo. Non siamo bolscevichi, siamo tuttora materialisti dialettici, come Hegel, cerchiamo di essere pragmatici e provare ancora amore – che voi non sapete che sia, perché siete schiavi del bisogno, che dell’amore è il contrario. Lo diceva Knarf Rellöm: “macché socialismo, quella era merdina piccolo borghese”. Wir bleiben. Alle. Wir sind nicht fertig, wir kommnen an.

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