Musica

La musica bisestile. Giorno 40. Spooky Tooth

25 Settembre 2018

SPOOKY TWO

 

La Radio, naturalmente, e poi il jukebox al mare. “Waiting for the wind”, pazzesco, non riuscivo a trattenermi, la ascoltavo ogni mattina, come un rito propiziatorio dell’estate. E voi non lasciatevi fuorviare, naturalmente assomigliano ai Deep Purple di Jon Lord, ma sono arrivati prima loro, a quel sound di organo, prima degli Spooky Tooth di Gary Wright, non esisteva! Contemporaneamente a loro c’erano solo gli Yardbirds di Jimmy Page, che si erano sciolti (erano nati i Led Zeppelin, ma io non lo sapevo ancora), ed i Savoy Brown, che mi facevano cagare già allora. C’è una linea sotttilissima che divide l’hardrock da una musica barocca ed insopportabile, che è sempre andata di moda, che in ogni età ha scimmiottato oscenamente le tendenze più determinate della musica rock.

“Spooky two”, 1969

Mentre la band di Gary White pubblicava un album con otto canzoni, otto hits. Baaaang bang baaaaang. Quest’esperienza la conoscete anche voi, ne sono certo: allora, tutto ciò ci sembrava follemente veloce, l’Hammond esercitava la pressione di un macigno sul petto! Ero un bimbo, lo ammetto. Gary Wright mi piaceva molto più del tastierista che aveva fondato gli Spooky Tooth e poi se ne era andato, tale Keith Emerson, innamorato dell’elettronica, pfui. Gary Wright e Mike Harrison, invece, erano il rock puro, Gary Wright, Rick Wright (Pink Floyd) e Leon Russell, per me, erano i migliori tastieristi del mondo.

Spooky Two aveva un brano per ogni genere musicale, tutto arroockato dietro quell’Hammond, che santificava persino il pop alla Eloise di Barry Ryan. Ma forse scrivo in modo troppo frenetico. Dunque. Mio papà mi aveva portato in casa i Beatles, i Bee Gees, i Beach Boys, Joe Tex, Jackie Wilson, Arthur Brown e i Kinks. Ho avuto fortuna. Poi ho scoperto roba da bambino, come Elton John, ma anche roba vera come Frank Zappa, Pink Floyd, Yes, Led Zeppelin, Jethro Tull, Genesis, Deep Purple, insomma il catalogo di tutti noi. Ma in mezzo ci sono stati due anni, alle scuole medie di borgata, in cui avevo a disposizione solo Canzonissima e la radio. La radio voleva dire Guido e Maurizio De Angelis per un’ora al pomeriggio, ed io bevevo, assetato, da quell’unica fonte, e da lì erano venuti sciacquettio di piatti come Harry Nilsson, John Denver, Maria Muldaur, ma anche (e finalmente) Gary Wright e Spooky Tooth. Canzoni che conoscevo solo io, al mondo (mio piccolissimo mondo).

A scuola potevo parlarne con chiunque, mi guardavano come se raccontassi favole – e comunque nessuno condivideva il mio interesse spasmodico per la musica. Solo al liceo, imprrovisamente, feci la scoperta entusiasmante e dolorosa che c’erano tantissimi ragazzi che invece ne capivano, e tanto più di me – e come me, amavano soprattutto le band speciali, che pochi conoscono. Rabbia pura, ferocia, velocità assurda, strilli di condor (semmai i condor strillano, ma l’ho sempre sperato), mugghii di orde scatenate, la speranza di un rock eterno che avrebbe trasformato la nostra gioventù in un sogno rutilante di emozioni, passioni e travolgenti avventure. E scusate se è poco.

 

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