Musica
La musica bisestile. Giorno 366. Penguin Café Orchestra
La musica ambient migliore non é figlia dell’elettronica e non contiene ruscelli, brezze e uccellini, quanto piuttosto meravigliose melodie folk trasposte per grande orchestra
PRELUDES, AIRS & YODELS
In principio c’era Simon Jeffes, il figlio di due chimici inglesi, che aveva studiato chitarra classica ed aveva iniziato a lavorare come tecnico del suono, mentre cercava un posto come componente di un’orchestra di musica classica. Sono pochissime le orchestre sinfoniche che hanno un chitarrista a tempo pieno, perché la chitarra non appare nell’opera classica e nemmeno nella classica moderna, tutti stili musicali dominati dal piano, dagli archi e dai fiati. Sicché, alla fine, Simon divenne un tecnico del suono ed arrangiatore affermato, e lavorò (ad esempio) all’album “Never mind the bollocks”, l’esordio dei Sex Pistols e del punk. In particolare, Simon aveva convinto Sid Vicious a suonare e cantare “My way” e collaborò all’arrangiamento di quel brano.
In questo senso Simon è sempre stato diverso da Philip Glass, con cui ha anche collaborato. Per lui Glass era troppo pomposo e poco incisivo, Simon credeva che si potesse fare del minimalismo classico facendo molto più ”bang e boom” di quanto credessero Glass, Eno, Fripp e compagni. Per cui, quando nel 1973 conobbe la violoncellista Helen Liebmann, le propose di tentare insieme la costituzione di un quintetto che suonasse un’alternativa all’ambient ad al new age come venivano concepiti in quegli anni, un’alternativa più frizzante, che partisse dal folk e non dall’elettronica. La Penguin Café Orchestra nacque così, come sfida intellettuale.
Scrive Jeffes: “Nel 1972 ero nel sud della Francia. Avevo mangiato un po’ di pesce cattivo e stavo male. A letto ho avuto una strana visione: lì, prima di me, c’era un edificio di cemento come un hotel. Nelle stanze, ognuna delle quali continuamente spiata da un occhio elettronico, c’erano persone diverse. In una stanza una persona stava guardando in uno specchio; in un’altra una coppia stava facendo l’amore, ma senza affetto; in una terza stanza, un compositore stava ascoltando la musica attraverso gli auricolari: intorno a lui c’erano molte apparecchiature elettroniche. Ma tutto era silenzio. Tutto era stato neutralizzato, grigio e anonimo. Una scena di desolazione. Un luogo che non aveva cuore. Il giorno dopo mi sentivo meglio, ero sulla spiaggia a prendere il sole e improvvisamente una poesia mi è spuntata nella testa: io sono il proprietario del Penguin Cafe, raccontò le cose a caso intorno a me. Ho pensato: la casualità, spontaneità, sorpresa, imprevedibilità e irrazionalità nella nostra vita è una cosa molto preziosa. E se sopprimete tutto ciò per avere una vita ordinata, uccidete ciò che è più importante. Mentre nel Penguin Cafe il tuo inconscio può essere solo. È accettabile lì. C’è un’accettazione che ha a che fare con il vivere il presente senza timore”.
Per 23 anni questa ricetta ha funzionato alla perfezione. I membri dell’orchestra si percepivano muti come pinguini umanoidi, fermi nell’atto di fare non si sa cosa, tesi in una direzione sconosciuta, folgorati in un’attesa senza conseguenze. Così è anche la loro musica. Ci sono molti che la odiano, perché li rende nervosi. Altri che l’adorano, perché distende i loro nervi. A me sorprende, coinvolge, mi accompagna in passeggiate mistiche tra i miei sogni. Sogni finiti, improvvisamente, nel febbraio del 1997. Simon Jeffes, in quel momento, ci ha lasciati, morendo giovane di cancro al cervello. Dopo di lui, gli altri membri hanno più volte tentato di rimettersi insieme, ma oramai la magia e la spensieratezza erano scomparse per sempre.
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