Musica
La musica bisestile. Giorno 353. The Hollies
Il pop inglese degli anni 60 ha la sua band più fortunata, quella dalle melodie accattivanti, i testi rassicuranti, ed un discolo, Graham Nash, che non vede l’ora di andarsene
HOLLIES GREATEST
Allan Clarke, Tony Hicks e Graham Nash sono tre ragazzini di Manchester, di buona famiglia, che hanno avuto la possibilità di imparare a suonare un paio di strumenti e di avere spazio e tempo per fondare una band al liceo, che suonava ai balli e, giorno dopo giorno, provava a scrivere canzoni proprie. Suonano il beat, come tutti, adorano Buddy Holly e Cliff Richard, il cosiddetto Merseybeat ed il “wall of sound” dei Righteous Brothers e delle altre band prodotte da Phil Spector. Il loro primo concerto rilevante è nel 1962, nella propria città, ed hanno già un seguito imponente: oramai hanno 20 anni, devono scegliere una carriera, ma è la musica che sceglie loro.
I tre scrivono canzoncine con delle melodie accattivanti, sui testi si cerca di essere leggeri il più possibile, e curare i cori. Questa è la fissazione di Graham Nash, che convince gli altri che in quel modo, a prescindere dalla voce solista, la band abbia un suono unico e subito riconoscibile, un suono collettivo. Fin qui, Clarke e gli altri lo seguono. Nel 1963 suonano al Cavern Club di Liverpool davanti a quattro ragazzetti dl posto, che poi diventeranno i Beatles, e che sono entusiasti degli Hollies. La Parlophone (che verrà presto comprata dalla EMI e sarà la prima etichetta dei Beatles) li mette sotto contratto, e gli Hollies tirano fuori quattro hit da primi dieci posti ogni anno.
Lo fanno scientificamente, senza avere grande stima dell’idea di pubblicare album, ma piazzando i loro singoli come missili di precisione. Per questo ho raccolto alcune delle loro canzoni, quelle che mi piacevano di più, e che sono pubblicate solo su una raccolta. Una raccolta che è divenuta necessaria quando, nell’autunno del 1967, dopo un tour in America, Graham Nash, innamorato pazzo di Joni Mitchell e profondamente impressionato dalla vita della comunità di artisti che si sono trasferiti in California, decide di non voler tornare in Inghilterra. Presenta ai suoi colleghi tre delle nuove canzoni che ha appena scritto. Allan Clarke ascolta atterrito i testi, che parlano di pace, di manifestazioni studentesche, di liberazione della donna, e gli risponde: giammai, noi siamo una band che fa divertire la gente, non che la spaventa.
Due settimane dopo, nel gennaio del 1968, Nash suona per la prima volta con Stephen Stills, e prende il volo per quella che sarà la sua piàù grande avventura artistica e umana, che dura tuttora. Gli Hollies tornano a Manchester e preparano quattro nuove canzoni. Ma i cori non ci sono più, il sound ha perso gli svolazzi di pianoforte tipici di Graham Nash, il successo è molto minore di quanto ci si aspettasse. In breve: l’abbandono di Graham Nash significa anche la morte degli Hollies, che proseguiranno ancora per decenni, ma ridotti oramai a cover band di sé stessi. Tra le altre cose più o meno agghiaccianti che accadranno al gruppo, una partecipazione al Festival di Sanremo, in coppia con Mino Reitano, ed essere per due volte esclusi alle selezioni per poter partecipare al Festival dell’Eurovisione. Sic transit gloria mundi.
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