Musica
La musica bisestile. Giorno 33. Gerry Mulligan
Una volta che avete ascoltato “Line for lyons”, non potrete più tornare indietro. Gerry Mulligan è uno dei più grandi musicisti di sempre e, con Chet Baker, ha costituito un duo armonicamente unico ed irripetibile
THE CARNEGIE HALL CONCERT
In realtà, ciacolando conun amico più esperto di me, avrei dovuto scegliere “The Birth of the Cool”, il disco realizzato da Miles Davis, nel 1949, con i migliori 9 solisti del mondo, che in quel disco stabilirono le radici per il cool jazz, che a distanza di tantissimi anni rimane la musica che parla più direttamente al mio cuore. Gerry Mulligan era parte di quel progetto, che ne sancì la grandezza e gli diede la notorietà necsesaria per la sua carriera successiva. Ma sinceramente: di quel disco adoro (più che Davis), il piano suonato da John Lewis ed i duetti tra sax alto (Lee Konitz) e sax baritono (Gerry Mulligan).
Non voglio annoiarvi troppo: fino a quel disco, suonare il sax baritono era solo una coloritura per le melodie del jazz squittente della seconda guerra mondiale, che non mi è mai piaciuto. Gerry Mulligan è stato il primo ad aver aggredito direttamente il mio stomaco, ad aver parlato alla parte più segreta di me. “Line for lyons” è stato una rivelazione, perché prima di quel brano pensavo che il jazz fosse una musica isterica, un esercizio formale di acrobati, giammai un dialogo con sé stessi, o un modo di scavarsi dentro.
Dopo quel disco Mulligan, ormai famoso, ha pubblicato una serie stupenda di dischi, specie negli anni 50, tra cui prediligo, proprio per la purezza dei duetti di fiati, quelli con Chet Baker alla tromba – perché sono quartetti senza piano, solo con Bob Whitlock al basso e l’indimenticabile Chico Hamilton alla batteria. Quei due erano talmente bravi, che il piano avrebbe disturbato. Chet Baker, per me, resta il più grande trombettista di sempre, che con Mulligan intesseva una serie di contrappunti sorprendenti ed armoniosi che non ho mai più sentito fare a nessuno.
Il disco che vi suggerisco è quello della maturità di questa coppia, registrato nel 1974, vent’anni dopo aver riarrangiato i classici del blues e del jazz, e finalmente pronti con un patrimonio di brani propri indimenticabili. Naturalmente, se ora vi dicessi che collego questo disco con qualche avvenimento della mia vita, mentirei. Credo però che il mio amico Antonio Caponetto potrà confermare che questi “vecchi” dischi di jazz, essendo rimasti insuperati, accompagnano da sempre i cambi di umore, gli eventi trascendentali, i mutamenti inevitabili, e soprattutto tante serate di beata solitudine in cui il mondo, citando Gaber, ci si appallottola come un cocker intorno alle gambe, e ci fa sentire in concordia con l’intero universo. E Line for Lyons è uno dei cinque migliori brani mai pensati dall’uomo:
https://www.youtube.com/watch?v=9aTsO5IpMUg
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