Musica
La musica bisestile. Giorno 328. Eric Dolphy
Morì a 36 anni perché i medici credettero che fosse un junkie, mentre aveva solo il diabete, ed era il più grande clarinettista del mondo
OUT TO LUNCH!
Nonostante sia morto a soli 36 anni, Eric Dolphy è una figura centrale dello sviluppo del jazz moderno, perché è stato capace di creare uno spazio, fino ad allora inesistente, per il clarinetto ed il flauto. Per questo motivo sono pochi i dischi in cui lui fosse la guida della band, durante la maggior parte della sua carriera Dolphy ha suonato per i più grandi, da Miles Davis, Charlie Mingus, John Coltrane e Ornette Coleman. Una carriera incoraggiata dai genitori, che gli hanno fatto studiare oboe, e poi gli altri strumenti a fiato, e gli hanno dato molto presto il permesso (Eric è cresciuto a Los Angeles) di seguire i concerti dei grandi, passando le notti nei club e, di quando in quando, riuscendo ad imporsi come partner per una jam session.
Dopodiché è riuscito ad ottenere un contratto per suonare nel quintetto di Chico Hamilton, ed a quel punto si è trasferito a New York, e la sua vita professionale e la sua fortuna erano segnate: avrebbe vissuto da musicista. Nel 1960, a soli 32 anni, Dolphy ottenne un contratto per una band tutta sua, e lui ha sfruttato ogni minuto, registrando 13 album in due anni. Da compositore e leader, Dolphy cambia del tutto la percezione del flauto e del clarinetto come strumenti “lenti” e “morbidi”, offrendo una musica spesso indiavolata, piena di salti tonali spericolati, e profondamente legati alla musica caraibica (la famiglia di Dolphy veniva da Panama). Questo disco, “Out to lunch”, è universalmente considerato come uno dei dischi più importanti della storia del jazz, perché introduce brani in cui i fiati, a rotazione, sostituiscono gli strumenti classici (basso, piano) nelle costruzioni armoniche e nella ritmica della batteria.
Nonostante si fosse solo all’inizio degli anni 60, Dolphy suona come un eroe del cool jazz, ma sempre con un piede in Centro America ed uno nella tradizione del bebop newyorkese con cui lui era cresciuto. Nel 1964 Charlie Mingus lo portò con sé in tour in Europa. Dolphy era entusiasta, e decise di non tornare negli Stati Uniti. Per giunta, mentre lui era lì a suonare, la sua fidanzata ottenne una scrittura come ballerina all’Opera di Parigi. A giugno era a Berlino, quando ha scoperto di aver dimenticato a Parigi le iniezioni per il suo diabete. Dolphy decise di andare in ospedale per chiedere aiuto dopo il concerto di quella sera, ma svenne mentre ci andava. In ospedale, sapendo che era un musicista, lo trattarono come uno che avesse avuto una overdose di droga, ed i medici lo ammazzarono, senza volerlo. Questo è uno dei motivi per cui ci tenevo ad avere una scheda su di lui, perché è stato importante, e qualunque cosa è utile perché non venga dimenticato.
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