Musica

La musica bisestile. Giorno 323. Dave Matthews Band

13 Febbraio 2019

L’unica banda di country-jazz che conosco, e che è difficilissimo comprendere ed imparare ad amare, a causa della sua grande complessità

LIVE AT RED ROCKS

 

Ho comprato questo album perché sapevo, dalla stampa specializzata, che questa sia una delle band di maggior successo al mondo, ed ho chiesto ad un fan da dove dovessi cominciare per iniziare a conoscerli. Ho ascoltato venti minuti, aspettando una melodia accattivante, un volo strumentale, un accento ritmico, non c’era nulla. Calma piatta. Cantante senza voce, band senza pressione, strumenti affastellati a costituire un brum-brum monotono, un retrogusto di country su un piatto di E Street Band senza Bruce Springsteen. Ho regalato il disco. Dopodiché, un anno più tardi, accompagnando una ragazza per cui mi ero preso una scuffia, ho affrontato un intero concerto, in una calca degna di un’apparizione dal vivo di Michael Jackson, nonostante fossimo in Germania.

“Live at Red Rocks”, 1985

Ho pensato subito la soluzione più semplice: la Dave Matthews Band trasmette ad una frequenza che per i miei orecchi, come quelli di alcuni animali, non è percepibile, sento solo un sibilo senza differenziazione alcuna. Poi la band ha iniziato a suonare. Mi sono accorto che la chitarra acustica, in mano a Dave Matthews, è una semplicissima chitarra folk, nemmeno di grande qualità, che suona una sequenza di accordi come un tappeto ritmico sommesso e, col tempo quasi inintelligibile, che crea una dinamica, sostenuta dalla batteria (tanti piatti, poca grancassa), sulla quale il basso ed il violino costruiscono la vera base dinamica, e la voce è semplicemente parte dell’arrangiamento sottostante, come la melodia del lamento di un pellerossa solo, nella prateria, a confronto con la grandezza sterminata di Manitù.

Mi accorgo che DMB è l’opposto di Springsteen, è una band di jazz che mima il country, il western, il bluegrass, le musiche più antiche, classiche e tradizionali d’America, e che parla direttamente all’anima della gente che, per l’appunto, sia capace di recepire quella frequenza sonora. In questo concerto non c’è nulla di narcisistico, nessuno strumento prevale sugli altri, per seguire la melodia bisogna fare tantissima attenzione, anche perché la voce di Dave Matthews (e forse è proprio questo a disturbarmi) è sottilissima, non ha praticamente alcuna estensione, non ha potenza, non ha timbro, è come il canto di un cowboy del Southern Rock che ha barattato la raucedine con l’afonia.

Tornato a casa, mi sono messo a leggere i testi, che sono intelligenti e discorsivi – molte canzoni raccontano una storia, e stavolta mi sono accorto della profonda complessità dei giri armonici e dei ritmi, del fatto che quell’apparenza semplice nasconda una complicazione estrema, e mi sono accorto del fatto che la ragazza in questione fischiettava in sintonia con lo sviluppo armonico. Ci sono momenti in cui bisogna arrendersi. Non capirò mai questa grande band, non vedrò mai più quella ragazza.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.