Musica
La musica bisestile. Giorno 32. Banco del Mutuo Soccorso
Prima di loro Roma era la città di Petrolini, di Lando Fiorini, di Renato Rascel, di Claudio Villa, di Jimmy Fontana, di Claudio Baglioni e di Renato Zero. Una città pigra, cialtrona, pressapochista, amante del pathos e delle serenate. Poi arrivarono i fratelli Nocenzi, e nel greve arco di un quinquennio divennero una delle band dell’avanguardia mondiale più amate del pianeta…
IO SONO NATO LIBERO
Andammo a sentirli sui prati dietro Castel Sant’Angelo, e fummo terribilmente delusi. Avevano appena registrato “Banco di Terra”, un disco di musica bandistica, sembravano i Carabinieri che suonano l’inno nazionale. Non capivamo. Solo dopo 45 minuti di angoscia Maltese iniziò a suonare”Dopo niente è più lo stesso”, e l’anima tornò al suo giusto posto. Gegé Di Giacomo spiegava il punto di vista della band su questo o quel tema, un modo che oggi forse potrebbe suonare ingenuo, ma dopo “Io sono nato libero” non esisteva, in Italia, una band colta ed intellettuale come il Banco. Non c’era un movimento che non fosse spiegato, giustificato, deliziosamente incastonato tra testi che riuscivano ad essere lirici e politici allo stesso tempo. Gegé spiegava: “Cerco di trovare in me ciò che è anche parte di voi, e che viene soppresso per evitare che la nostra forza divenga non solo opinione, ma essere”.
Quando è uscito, alla fine del 1973, il Banco era riuscito a diventare la migliore band italiana, superando la PFM, ed ottenendo un contratto con la Manticore di Emerson Lake & Palmer. I fratelli Nocenzi avevano “acquistato” un chitarrista milanese almeno al livello di Mussida e Tofani, Riccardo Maltese degli Homo Sapiens, che aveva arrotondato il suono a volte un po’ confuso del BMS dei due dischi precedenti. Gianni Nocenzi ebbe più tardi a dire che Maltese portò nella band non solo la qualità di uno dei più grandi chitarristi jazz dell’epoca (che aveva un locale a Milano, il Capolinea, in cui suonava la crema del jazz mondiale, ed aveva fatto dischi con tutti i più grandi, a partire da Stefan Grossman), ma anche un umbro pignolo ed ombroso, che fece a contraltare alla band di sciamannati romani, che in sala di incisione si davano fin troppo presto per soddisfatti.
In questo album, infatti, ci infilano di tutto, dalle citazioni classiche di Leopardi, Pascoli, Gozzano ed Ariosto, allo snobissimo testo sacro del comunismo letterario, “Come fu temprato l’acciaio” di Nikolaj Ostrovskij, ed una serie di sovrapposizioni musicali, già tipiche della band, ma finalmente costruite con un’ambizione pari a quella degli Area e della PFM. La superiorità, a parità di inventiva musicale, è la qualità straordinaria dei testi, dedicati alla libertà, alle lotte partigiane, alla repressione borghese. Grazie al collegamento con i classici, questi testi restano validi e meravigliosi anche oggi, ed il testo di “Io Sono Nato Libero” rimane anche oggi un inno insuperato. Voi forse conoscerete “Non Mi Rompete”, che resta un bellissimo scherzo, ma vi prego di fare attenzione al resto: questo, a mio parere, è il miglior disco di musica rock mai scritto, registrato e prodotto in Italia. Ed il messaggio è rimasto, e ci credo più oggi di allora: Allora vive la mia gente, vive, vive! Sì Gegé, siamo qui, e ci manchi.
https://www.youtube.com/watch?v=5bcFW_mnl_A
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