Musica
La musica bisestile. Giorno 314. Coldplay
L’esordio della band di maggior successo degli ultimi 20 anni, quando era ancora un gruppo di indie rock e non ancora i campioni del melenso che sono divenuti oggi
PARACHUTES
Per rendere i Coldplay interessanti bisogna tornare indietro, ai quattro ragazzetti che iniziarono quasi vent’anni fa, e facevano musica indie con un leader che suona il piano, e non le tastiere, e che quindi rende il suono della chitarra particolare, gli dà una grandezza diversa dalla ruvida franchezza di band come gli Smashing Pumpkins o i Franz Ferdinand. I Coldplay nascono come una band che ha l’atteggiamento post-britpop e che assomiglia ad Elton John, se no fa qualcosa per impedirlo. E nel primo disco, infatti, il suono è ancora originale, e nelle melodie si sentono ancora influenze diverse, come Moby o i Massive Attack.
Questo non accadeva a caso. I Coldplay hanno ripetuto l’esempio che du dei Procol Harum e di Emerson Lake & Palmer: accanto a coloro che suonano e vanno sul palco, c’è un componente ulteriore della band, che si occupa della direzione creativa, dei testi, di alcuni dettagli nell’arrangiamento… Phil Harvey è per i Coldplay ciò che Pete Sinfield era per i King Crimson e gli EL&P, o Keith Reid dei Procol Harum. È uno che ha studiato musica classica (e si sente) ma che non punta al bombastico, quanto al melodrammatico – ciò che appunto colloca la band fin troppo vicina ai melensi attempati degli anni 70. Del resto Chris Martin ha la voce che ha, e scrive le canzoni che scrive, quindi questa deriva è solo parzialmente contenibile, e le case discografiche non stanno certo lì a badare al sottile, quando il melenso vende meglio che la qualità.
Ma questo è venuto dopo, anni dopo. All’inizio i Coldplay li si riconosce perché vendono EP che si sono registrati e prodotti da soli, ma di grande qualità, e suonano come apertura per molte band famose, ottenendo una fama rilevante all’interno del mondo musicale inglese. Così, quando nell’autunno del 1999 Chris Martin si presentò a diverse majors con il demo delle nuove canzoni appena scritte, ottenne immediatamente un contratto stellare. Chris aveva chiesto due settimane per registrare “Parachutes”, la casa discografica i lasciò lavorare per due mesi tra Liverpool, Londra e New York, e dimostrò di avere ragione: “Yellow” arrivò come una bomba atomica e rese famosa la band nel giro di una settimana.
Sorprendentemente, nessuno dei componenti della band andò mai fuori di testa per il successo, è una band di formichine, che fanno importanti donazioni a ONG che combattono la fame nel Terzo Mondo, ma non spendono per auto e case folli, per cui, quando Chris Martin venne lasciato da Gwyneth Paltrow, dopo dieci anni di matrimonio più due di coppia prima del matrimonio, l’attrice era meno ricca di lui, nonostante lei guadagnasse cifre milionarie con i suoi film. Ancora oggi Chris Martin è un ragazzo schivo, di cui non si sa nulla, tranne che passa moltissimo tempo con i suoi due figli. Musicalmente, la band ha da tempo perduto ogni senso: ogni nuovo disco è largamente peggiore del precedente, e si percepisce chiaramente la spinta delle case discografiche a tornare sul palco, anche se quasi tutti i componenti originari della band se ne sono oramai andati e fanno tutt’altro, pur essendo rimasti amici di Chris e Phil, che sono l’anima dei Coldplay. Una band strana, atipica, che bisogna salvare, non fosse altro che per questo primo disco, virgineo ed indimenticabile.
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