Musica
La musica bisestile. Giorno 302. Ry Cooder
Forse il più grande chitarrista di musica etnica del secolo, uomo tranquillo e riflessivo, alla partenza della sua avventura più bella – una storia d’amore durata felicemente per tutta la vita
INTO THE PURPLE VALLEY
Probabilmente, se avete mai sentito nominare Ry Cooder, sarà stato per il progetto chiamato Buena Vista Social Club: Ry andò a Cuba a cercare tutti i grandi eroi della musica degli anni 50, quando l’Avana era una delle capitali musicali del mondo. Ry ha al suo attivo decine di progetti simili: è uno dei più grandi chitarristi viventi, e si è sempre interessato per le minoranze culturali e per la loro musica. Fra le mille cose ha composto la colonna sonora di molti film (come “Paris Texas” di Wim Wenders), ma la maggior parte dei suoi dischi sono sue interpretazioni di ballate tradizionali completamente dimenticate, che lui recupera, arrangia, smonta e rimonta, per adattarle al ritmo attuale di quella comunità.
Per questo motivo è anche considerato uno dei padri del tex-mex, ovvero di quella miscela stranissima tra country americano (o addirittura bluegrass e cajun) e musica popolare messicana, musica ascoltata ed imparata a Tijuana, ma anche nelle bettole del Texas e del sud della California, dove pullula di messicani che sono scappati verso il sogno americano e poi si sono riuniti in enormi comunità monoculturali. Adora usare strumenti fatti a mano da dilettanti, tirare suoni particolari da strumenti a corda a lui sconosciuti, tant’è che oggi viene considerato anche uno dei più grandi suonatori di mandolino, di banjo, di bouzouki e di sitar. Conosco una ventina dei suoi dischi, ed in ognuno lui si dedica, con acribia, ad un’unica cultura, e l’unico motivo per cui quei dischi sono riconoscibili come suoi, è perché lui ha una tecnica più unica che rara di usare il bottleneck, perché appartiene a quella generazione di hoodoos che, quando suona la chitarra, sta anche suonando una corda come basso ed usando la cassa come batteria.
Ha imparato a suonare, come autodidatta, a tre anni, ed a cinque suonava alle feste. Lì ha incontrato Gary David, il reverendo che ha insegnato ad un’intera generazione (compresi Leo Kottke e John Fahey) a suonare qualsiasi cosa, e poi ha continuato da solo. È un uomo timido, piccino, che sta sempre defilato, non appare mai nel mezzo dell’azione. Suona oramai come turnista e chitarrista suppletivo con i Rolling Stones da 50 anni, e tutti lo sanno, senza che il suo nome venga mai scritto da nessuna parte. Si è sposato a 19 anni, ora ne ha 71, e quando lo vedi accanto a lei (che è ritratta nella copertina di questo disco) hai sempre l’impressione che lui si chieda “ma chi sarà mai costei”.
Lei è Susan Titelman, una famosa fotografa, che vive con lui nelle montagne dell’Algonquin, dove hanno cresciuto loro figlio Joachim, che suona con il papà, principalmente il violino. Sudan racconta: “Quando ci siamo innamorati siamo saliti in macchina e siamo partiti. In ogni città Ry si fermava e registrava una nuova canzone, suonando tutti gli strumenti. Così è nato Into the Purple Valley. La casa discografica lo ascoltava al telefono, lui mandava gli spartiti, e loro ci mandavano un anticipo per posta. Abbiamo viaggiato per otto mesi tra il Canada ed il Messico, facendo attenzione a non spendere mai più di 8 dollari al giorno, dormendo spesso nei prati, ma non credo che esista una donna che abbia passato una luna di miele più romantica, meravigliosa e piena di felicità di quella che ho avuto io. Perché quando siamo soli Ry diventa un altro. Ancora oggi, ogni volta che mi vede mi sorride, si vede che il solo fatto che io esista lo rende felice. Solo con suo figlio fa lo stesso. Vi assicuro che vuol dire tanto, tantissimo. Non beve, non si droga, non cerca altre ragazze, diventa pericoloso solo se lo lasci da solo con qualche barbone che suona qualcosa che assomiglia ad uno strumento ma non lo è – allora perde la testa”. L’avrete capito: io adoro Ry Cooder, il vero chitarrista delle vere canzoni dei veri Rolling Stones, il più grande etnomusicologo del mondo.
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