Musica

La musica bisestile. Giorno 300. Paul Simon

1 Febbraio 2019

Uno dei più grandi cantautori del mondo scopre la musica sudafricana e, insieme ai musicisti di laggiù, registra una pietra miliare della storeia della musica pop

GRACELAND

 

Credo che siano davvero in pochi a non considerare questo uno dei più grandi dischi mai prodotti negli ultimi 70 anni, un disco che è al di fuori della normale produzione di Paul Simon, che pure è tuttora uno dei più grandi autori di canzoni mai esistito. Ed è un disco nato dalla disperazione, da un lungo periodo di assoluta solitudine, da un momento di nessuna vena. Nel 1983 Carrie Fisher, la bellissima Principessa Leyla di Star Wars, lo aveva lasciato, dopo tantissimi anni di faticosa relazione. L’attrice, notoriamente bipolare, al limite della schizofrenia, era un cliente difficile, eppure irrinunciabile, nella vita di un uomo. Del resto Paul l’aveva sposata proprio perché lei, qualche anno prima, stava per sposare Dan Aykroyd. La mattina prima del matrimonio Carrie era stata presa da una crisi, aveva telefonato a Paul Simon, e la sera prima del matrimonio con Dan, lei aveva traslocato da Paul Simon.

“Graceland”, 1986

Io ho avuto a che tribolare con una persona così. I pochi momenti di pace sono come la resa di animale feroce che, per un secondo, si trasforma in gattino, e ti dà l’impressione che il mondo sia meraviglioso. Ma basta un nonnulla, qualcosa che non potrai mai controllare o evitare, e si precipita nuovamente nel caos. Alla fine, non saprai mai se quella persona ti abbia voluto bene o no, anche perché nemmeno lei lo sa. L’unico legame possibile, da coltivare con tantissima pazienza, è una profonda amicizia che viva solo nei momenti in cui lei ti cerca, ma è possibile solo se, nel resto del tempo, tu hai una vita tua, dalla quale lei è completamente esclusa, altrimenti trascinerà tutto, specie la tua vita, in un vortice di orrore. Mai cattiveria. Ma orrore.

Alla fine di quel trattamento, Paul Simon era spezzato, ed il suo ultimo disco era andato male (anche se trovo “Heart and bones” uno dei suoi migliori). Girava per la città senza saper che fare, evitando gli amici, cercando di suonare il meno possibile, e gli capitò di ascoltare una cassetta che gli era stata lasciata da Vincent N’Guini, che sarà il suo chitarrista fino alla morte, avvenuta un anno fa. Per spiegare la profondità del legame, quando Vincent è morto, Paul Simon ha dato il suo addio alle scene, perché “suonare senza di lui non ha senso”. In quella cassetta c’erano incisi canti popolari sudafricani. Il resto si sa: Paul si innamora della cassetta, la impara a memoria, impara a suonare i ritmi completamente diversi della musica africana, comincia a scrivere nuove canzoni, e poi va in Sudafrica a caccia di artisti che siano disposti a registrare un album con lui. Il risultato è maestoso, oltre 120 persone che hanno contribuito, tra i più grandi artisti dell’Africa australe a quelli americani più conosciuti.

Il disco è fenomenale, portarlo in tour, con così tanti artisti, è stata una sfida folle. Mi rifiuto di commentare le molteplici polemiche nate dopo la pubblicazione del disco. Non mi importa se qualcuno ha sfruttato o si è fatto sfruttare, non mi importa se fosse lecito che Linda Ronstadt registrasse alcuni cori, con voci diverse, per renderli più “occidentali”, mi interessa solo ascoltare un grande capolavoro, nato da tanta tristezza, e che celebri in modo così sfrenato la gioia di vivere, che è poi ciò che ho imparato in Africa, anche se a volte non sono capace di mostrarla come sarebbe giusto.

 

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