Musica
La musica bisestile. Giorno 3. The Beatles
Il primo disco della mia vita, come il segno di un destino che inizia con la svolta della più grande band di tutti i tempi dallo skiffle all’inarrivabilità ed all’eternità
REVOLVER
Ero piccolo piccolo piccolo, ed a casa avevamo un giradischi altrettanto piccolo (e scarso), che se ne erano comprati due uguali, uno blu ed uno rosso, per il Natale del 1966 – uno per noi Fusi, uno per i nostri cugini. Siccome avevamo il giradischi, mio padre decise che era arrivato il momento di avere dei dischi, ed è stato uno dei momenti di grande fortuna che siano capitati nella mia vita: mio papà, cresciuto a San Lorenzo da una famiglia operaia, e senza grandi mezzi, è sempre stato un uomo affamato di cultura – montava termosifoni di giorno, leggeva libri ed ascoltava musica di notte. In modo del tutto disordinato, seguendo solo, di volta in volta, l’evoluzione del proprio gusto, senza curarsi di ciò che fosse famoso o alternativo. Quindi comprò musica classica, musica popolare romana e napoletana, e rock’n’roll internazionale.
Finché, nel 1965, ottenne un lavoro negli Stati Uniti ed andò in California per alcuni mesi. Tornò ovviamente trasformato, in ogni senso, e con l’idea che i suoi figli dovessero crescere considerando l’intero pianeta come una casa possibile, e spingendoci a leggere Steinbeck, Heimgway, Faulkner, Shute, ma anche Camus, Zola, Proust… La notte che compii sei anni, e quindi arrivai al momento di andare a scuola, mi regalò il mio primo disco. Nuovo di zecca, comprato a Londra: un gioiello. Revolver. Sicché i Beatles divennero per me una scoperta sensazionale, ed aprirono la porta al mio innamoramento per ciò che ascoltava il mio papà, dai Bee Gees a Neanderthal Man degli Hotlegs (che poi divennero i 10cc) e, migliore tra tutti, I gotcha di Joe Tex. Per lui, Revolver è stato l’ultimo grande disco del quartetto di Liverpool. Quando suonavano ancora con Jim Keltner e Klaus Voorman, andavano ancora sul palco, avevano ancora il controllo su ciò che producevano, erano ancora un gruppo sbarazzino di amici, prima che le esperienze in India, i matrimoni e la nascita della casa discografica rovinassero tutto.
Nel gennaio del 1966, la Polizia liberò Franca Viola. Questa coraggiosa ragazza siciliana fu la prima a ribellarsi, a rischio della vita, al matrimonio riparatore seguito all’osceno “ratto d’amore”. La sua storia cambiò completamente la vita delle donne in un’Italia ancora estremamente chiusa e retrograda. A febbraio, “La zanzara”, una rivista studentesca del liceo Parini a Milano, pubblicò un’inchiesta sulla condizione della donna – e fu scandalo. Al di fuori del nucleo composto dai miei genitori, i nostri parenti appartenevano alla visione bigotta e medievale condivisa dalla maggioranza silenziosa. Anche i Beatles finirono sulla graticola. A Natale i miei cugini cantavano Gianni Morandi, io invece “canzoni forestiere”, , suonate da “mariuoli scalmanati”, e scoprivo che molte delle canzoni di successo in Italia non erano altro che canzoni inglesi ed americane tradotte. A casa mia Franca Viola era l’eroina di un mondo che finalmente stava cambiando, mentre intorno a noi era una di cui vergognarsi.
Per questo, nella discografia dei Fab Four, ho scelto Revolver. Perché è stato lo spartiacque. Perché fu il segno che non sarei cresciuto come gli altri ragazzi della mia borgata, che per me il maschilismo non sarebbe mai stato un’opzione, che per la mia famiglia la mia passione per la musica e la letteratura fossero cose da incoraggiare, non da reprimere. Sicché auguro di cuore a tutti di avere ricevuto un Revolver, dai propri genitori, con cui scoprire nuovi immensi orizzonti da conquistare, quando si era ancora abbastanza ingenui ed entusiasti per partire con tutta l’energia possibile per la grande avventura della vita.
https://www.youtube.com/watch?v=twFbweJfUUo
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