Musica
La musica bisestile. Giorno 299. Carole King
Una delle più grandi cantautrici americane trova finalmente il coraggio di registrare con la propria voce alcune delle sue più belle canzoni, per uno dei dischi più importanti del secolo passato
TAPESTRY
A 12 anni Carole King aveva iniziato a suonare il piano e cantare in pubblico, a 15 anni Neil Sedaka si innamorò perdutamente di lei e scrisse “Oh Carol”, che la trascinò sotto i riflettori della TV, perché rispose con un’altrettanto celebre “Oh Neil”. Ma un anno dopo faceva coppia con Paul Simon, ed iniziava ad avere veramente successo. A 17 anni, nel 1959, sposa Gerry Goffin, con cui costituisce un duo incredibile, che scrive, in un decennio, oltre 300 canzoni, molte delle quali enormi successi commerciali, interpretate dalle decine di gruppi corali che andavano in quegli anni, oppure per gli Everly Brothers e persino per Byrds.
Passavano la giornata in studio, ogni maledetto giorno dell’anno, e finivano almeno cinque canzoni per settimana. L’industria discografica ha guadagnato milioni sul loro lavoro, lasciando ai due percentuali vergognose. Le difficoltà economiche e lo stress portarono, con il passare degli anni, anche ad una crisi della coppia. Lei molla il marito nel 1969, e scompare. Riappare, con i due figli piccoli, circa un anno dopo. Pare che abbia lavorato come cameriera in un bar. Lì ha conosciuto Charles Larkey, un bassista country, che la spinge a provare da sola. Carole registra “Tapestry”, che è un capolavoro indiscusso e la catapulta in poche settimane nell’olimpo delle più grandi cantautrici americane. In sala, con lei, viene la crema della musica popolare americana: il quintetto base era costituito da James Taylor con la sua band, ovvero Danny Kortchmar, Joel O’Brien ed (appunto) Charles Larkey, ma a questi si unirono Russ Kunkel (Simon & Garfunkel, CSNY etc.), la viola di David Campbell, e poi il fiatista jazz Curtis Amy, nei cori cantano Joni Mitchell e Merry Clayton.
Disse James Taylor: “Eravamo tutti molto pignoli, volevamo che il mondo conoscesse le canzoni di Carol attraverso la perfezione, non qualche coretto di principianti sbattuti lì da un produttore potente, e col tempo ci accorgemmo che vivevamo di Tapestry, respiravamo e mangiavamo Tapestry. Quando consegnammo i nastri masterizzati fu come perdere un amico, sprofondammo tutti nella tristezza, continuavamo a vederci a pranzo solo per cercare di mantenere quel sentimento così forte – perché sapevamo di aver fatto un album per l’eternità”. Nelle classifiche, l’album restò per 15 settimane al primo posto. Solo la colonna sonora di “The Bodyguard”, con Whitney Houston, riuscì a battere questo record, venti anni più tardi. Da allora in poi la vita di Carol King è divenuta un’allegra gita sentimentale. Continua a scrivere e ad avere un enorme successo, lavora ai dischi dei suoi due figli, dal 2014 a Broadway va in scena un musical sulla sua vita: “A 75 anni posso dire che il mio impegno politico ambientalista, spesso insieme ad Al Gore, mi permette ancora di trovare energia e voglia di abbracciare il mondo. Altrimenti, devo essere sincera, ogni mattina è il mondo ad abbracciare me. Sono stata una ragazza davvero fortunata”.
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