Musica
La musica bisestile. Giorno 275. Tom Petty
Tom Petty era piccolo, campagnolo, sempre sorridente, e gli volevano bene tutti. Anche quando, dopo molti anni di gavetta, è arrivato al successo internazionale
FULL MOON FEVER
Un giorno degli anni 70, Elvis Presley viene a cantare in una città della Florida, vicina a quella in cui lui era nato e cresciuto. “Era stupendo! Grosso, sensuale, qualunque cosa dicesse sembrava giusta. Io ero piccolo, mingherlino, e tartagliavo. Mi dissi: Thomas, basta pattini a rotelle, devi imparare a suonare la chitarra!” E così fece, fondando la sua band a 26 anni, quando la maggior parte dei grandi artisti sta già morendo di droga e si affatica per mancanza di nuova ispirazione. In America funziona benissimo, perché fa parte dello stesso treno di Bruce Springsteen, grandi testi profondi e socialmente impegnati, ma con l’aggiunta di un sorriso sarcastico ed un briciolo di country esiziale che fa in modo che la sua band, gli Heartbreakers, assomiglino più agli Eagles, come sound, che alla E Street Band.
“Bruce è un artista di città, io sono uno di campagna”. In ogni caso, Tom Petty è uno che riesce a costruire e difendere rapporti umani. Pochi come lui hanno beneficiato di amici importanti che klo hanno aiutato a preparare i dischi, o sono andato con lui in tour, solo perché lo trovavano simpatico e si divertivano a suonarci insieme: Dave Stewart degli Eurythmics. Jeff Lynne della Electric Light Orchestra, George Harrison, Bob Dylan. Per questo motivo lui è stato uno degli artefici del progetto dei Traveling Wilburys, proprio perché George Harrison, intorno a sé, aveva chiamato esattamente quella banda di amici. “Full moon fever” uscirà poco dopo l’esperienza in quintetto, ed uscirà come disco suo personale, e non degli Heartbreakers, perché ci saranno musicisti diversi a suonare ogni singola canzone.
Tom ci aveva lavorato per tre anni. Fin da quando, cadendo, si era fratturato un polso ed era stato costretto a star fermo per quasi un anno. “Full moon fever” è un capolavoro, e verrà trattato, fin da subito, come tale, tant’è vero che il disco successivo, “Into the great wide open”, leggermente inferiore, sarà primo in classifica il giorno stesso della sua uscita, perché la gente lo comprò a scatola chiusa. In quel periodo lui e gli Heartbreakers iniziano a litigare con la casa discografica, perché hanno l’impressione di essere stati truffati sui soldi, e perché, ora che vendono milioni di dischi in tutto il mondo, vengono mesi sotto pressione per avere un certo sound e non discostarsi da esso. Sicché loro registrano un nuovo album da soli, e l’etichetta si rifiuta di pubblicarlo.
Guerra totale. In quel momento, Jane, con cui stava insieme fino dal liceo e che aveva sposato a 24 anni, prima di aver preso in mano una chitarra, lo pianta per uno più giovane. Tom non ce la fa, inizia a drogarsi, non vuole più suonare. In quel momento lo tengono in piedi gli amici ed i processi: ci si è accorti che Tom è uno degli artisti più plagiati del mondo, e la casa discografica inizia una dozzina di processi. Lui li chiude tutti, stizzito: “Il rock è fatto di tre note, è normale che le canzoni si assomiglino tra loro. Se qualcuno ha usato una mia idea, mi rende onore, la giustizia civile è una trappola per topi, non voglio averci a che fare”. Dopo un buco di sette anni, grazie alla terapia e ad una nuova donna, Tom Petty riemerge, ma non è più lo stesso. La sua salute è andata declinando, si è spento a 67 anni, circa un anno fa. Mi manca, mi mancano le sue interviste, il suo sarcasmo, il suo modo di sbottare di rabbia restando zitto. Per fortuna ci restano le sue canzoni.
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