Musica

La musica bisestile. Giorno 265. Del Amitri

15 Gennaio 2019

Un’altra delicata e profonda band che arriva da Glasgow, e che oramai, purtroppo, era finita nel dimenticatoio, nonostante sia stata veramente la bandiera di un’intera malinconica estate

WAKING HOURS

 

La loro storia comincia come la maggior parte delle storie delle rockband. Quattro compagni di scuola, in questo caso a Glasgow, cui piace suonare e cui piace il folkrock scozzese degli anni 70, tanto che mettono su una band e suonano le loro canzoni in piccoli pub, all’inizio davanti agli amici ed ai colleghi del liceo, poi – lentamente – diventando un richiamo per i giovani della città, e, nel 1983, quando il leader Justin Currie ha solo 19 anni, iniziando a suonare anche fuori dalla capitale, in diverse città e paesi della Scozia. Arriva il primo album, auto prodotto, e con questo la vendita per posta e le prime radio che trasmettono le loro canzoni.

“Waking hours”, 1989

Niente di trascendente, solo un gruppo di amici che cresce e si diverte. Niente sregolatezza. Nel 1984 Justin si fidanza con Emma, ed i due sono ancora insieme oggi. Niente follie. In quel periodo io sto affogando a Zurigo. Sono impantanato nel matrimonio sbagliato, ci uccidiamo a vicenda e facciamo soffrire la nostra bambina, io non parlo ancora la lingua, faccio l’insegnante di italiano, studio linguistica all’università e sono solo come un cane. Nella scuola in cui insegno c’è un docente di inglese che ha appena sposato una giovane svizzera in carriera, è finito a Zurigo, si rifiuta di imparare la lingua locale, pensa solo ai soldi ed al sesso, e chiaramente è depressivo e spesso ubriaco. Nonostante io lo disprezzi, passo del tempo con lui, e studiamo alcune canzoni americane da suonare insieme al Niederdorf, la strada dello struscio zurighese.

Un brano di Stan Ridgwey, uno dei Gratfeul Dead, uno di Paul Simon, uno della Steve Miller Band, e poi lui propone un brano di questa sconosciuta band scozzese: “Nothing ever happens”, nulla succede davvero. Il testo mi fa piangere mentre la ascolto per la prima volta, mi sembra che sia stata scritta esplicitamente per me e per la mia giovane vita infilata in un binario morto. Adoro la voce di Justin Carrie e, in quel periodo, penso che “Local Hero” sia il più grande film mai girato ed il nord della Scozia l’unico posto possibile in cui finire i miei giorni. Alla fine, noi non suoneremo mai per strada. Quel tizio mi stava troppo sui coglioni, provare con lui era uno strazio, e vedere come trattasse la moglie mi dava il voltastomaco.

A casa ascoltavo il disco dei Del Amitri, che ovviamente piacevano solo a me. Usavo tutto il mio tempo libero per seguire il calcio svizzero, vendevo articoli ai giornali ticinesi, iniziavo a far girare il mio nome, guidavo per milioni di chilometri in completa solitudine, e nel frattempo mi ero innamorato del nuovo singolo dei Del Amitri, “This side of the morning”, che esprimeva la mia solitudine in modo ancora più preciso. Oggi ascolto quelle canzoni con un briciolo di fastidio, ma sono ancora bellissime, e sarebbe un delitto lasciare che venissero dimenticate.

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