Musica
La musica bisestile. Giorno 260. J.J. Cale
Nato pre restare nascosto, segreto. Un chitarrista timido e quasi autistico, che Eric Clapton ha costretto ad uscire dal suo guscio pòer registrare le sue meravigliose canzoni
NATURALLY
REALLY
È stato il più grande artista del Tulsa Sound, che consiste nel prendere le influenze ritmiche della musica popolare bianca, aggiungerci le armonie blues e quelle elaborate in 50 anni di jazz americano, e tirarne fuori qualcosa che assomiglia al Southern rock, ma che al confronto della pressione esercitata da band come Lynyrd Skynyrd e ZZ Top, è delicata, soffice, a volte melliflua, mai strillata, e sempre estremamente attenta alle processioni melodiche. J.J. Cale è nato lì, è cresciuto lì, ha studiato lì, ha costruito uno studio di registrazione, dopo aver studiato ingegneria acustica ed aver fatto ulteriori studi sull’elettronica durante il suo servizio di leva.
L’artista che più ha “copiato” da lui, Mark Knopfler dei Dire Straits, racconta di aver posseduto la registrazione di oltre 200 brani famosi, scritti da Cale e suonati da altri, prima di aver avuto l’occasione di conoscerlo personalmente. Eric Clapton ha registrato talmente tante delle sue canzoni, facendone dei grandi successi, che i più giovani, negli anni 80, pensavano che fosse uno che facesse le cover di Clapton. Ma è stato proprio Clapton, all’inizio degli anni 70, a convincere JJ Cale di farsi i propri dischi, con le sue migliori canzoni, e provare finalmente ad uscire dalla sua tana di Tulsa e suonare in giro per il Nord America.
Così questo, che è il suo primo album, è uscito 15 anni dopo la sua prima canzone in hit parade. È uscito perché JJ Cale era gravemente depresso, stava intere giornate chiuso al buio, non parlava più con nessuno, e Clapton, che era appena uscito dal tunnel della droga, sapeva bene che fosse il momento di scuoterlo, prima che finisse male. Così i due si chiusero nella sala di registrazione di JJ e, giorno dopo giorno, registrarono talmente tanto materiale da essere poi diviso in due dischi, che uscirono a sei mesi l’uno dall’altro, e che quindi è come se fossero un unico album doppio, riempito di canzoni meravigliose che il pubblico, del resto, conosceva già – perché le aveva sentite non solo da Clapton, ma anche dai Kansas, da Waylon Jennings, dai Lynyrd Skynyrd, da Randy Newman, da Dr. Hook & the Medicine Show, e persino da Frank Sinatra.
La cura funzionò talmente bene, che i due dischi ed il tour annesso fecero JJ Cale ricco, e lui andò a suonare con Vassar Clements negli Area Code 615 e nelle produzioni bluegrass della scena dei Nitty Gritty Dirt Band. Da allora JJ Cale non ha fatto altro: scritto canzoni, vendute ad altri, poi registrate in proprio, suonare in giro, e fumare il calumet della pace sul dondolo in veranda, guardando le immense praterie del Mid-West. È morto a 75 anni, nel sonno, il cuore si è fermato. Lo amavano tutti, e probabilmente ha avuto una vita serena, se non felice. E quando canta della cocaina, con un brando divenuto poi famoso, canta di qualcosa che ha provato ma mai usato abbastanza per farsi del male. Non era autodistruttivo, ma solo estremamente metodico, pignolo, tranquillo.
Devi fare login per commentare
Accedi