Musica
La musica bisestile. Giorno 246. Alain Romans
La sua musica ha dato l’anima ai meravigliosi film di Jacques Tati, e li ha resi immortali con la loro malinconia allegra e la loro invincibile patina di solitudine
LES VACANCES DE MR. HULOT
Alain Romans è una delle biografie più appassionanti del 20° secolo, perché è figlio di tutte le tragedie che ne hanno contrassegnato il corso, e da tutte queste tragedie è uscito, ogni volta ferito, ma vivo. Nato nella Polonia d’inizio secolo (1905), veniva da una famiglia benestante che gli permise di studiare pianoforte a Lipsia e di andare a vivere a Berlino in cerca di un lavoro. E lui, che era un pianista fortemente influenzato dalla nuova musica classica che veniva dalla Russia, a Berlino ha lavorato con Josephine Baker e Django Reinhardt – il meglio di quanto l’Europa potesse offrire allora. Intanto continuava a studiare con il conte Vincent d’Indy, il fondatore della Schola Cantorum di Parigi, uno che veramente frequentava tutti i compositori ed i musicisti più famosi dell’epoca.
Grazie a queste influenze, dopo il conservatorio, Alain Romans comincerà a viaggiare per il continente, suonando in tutte le città importanti, facendosi un nome come improvvisatore ed esecutore di classici, venendo richiesto per tutte le incisioni di cantanti famosi che volessero registrare delle arie con voce e piano. Finché arrivò il nazismo e lui, che era polacco e per giunta socialista, non restò che scappare da Berlino e tentare di nascondersi in Francia. Venne preso alla frontiera e torturato. Dopo tre giorni e tre notti di tortura venne fucilato, insieme ad un folto gruppo di tedeschi in fuga per motivi politici o motivi razziali.
Gravemente ferito, perde conoscenza e viene preso per morto. La mattina dopo, i contadini francesi che sono stati obbligati a seppellire i fucilati, se ne accorgono, e lo salvano. Lui trascorre alcuni anni nella campagna francese, lavorando nei campi, e riceve quello che sarà il suo nome fino alla fine, Alain Romans, un adattamento del suo nome originario polacco, che lui non volle mai rivelare, se non ad un suo caro amico, che poi divenne il suo biografo, Barry Wynne, ed al suo amico Alain Decaux, a condizione che costoro non lo rivelassero mai, ma utilizzassero quell’informazione solo per sapere se qualche parente di Alain fosse sopravvissuto all’olocausto. Cosa che, purtroppo, non era avvenuta.
Alla fine della guerra Alain Romans partì in bicicletta per Berlino. Passando per Pforzheim, ancora in fiamme, Alain Romans si è imbattuto nell’ufficiale tedesco che lo aveva torturato ed aveva ordinato la sua fucilazione. Il pianista non fece nulla, rimase lì a guardarlo per lungo tempo, finché quello non lo vide, si spaventò e scappò via. Pochi giorni dopo, Alain Romans, scosso dalla profonda distruzione delle città tedesche, cambiò idea e tornò in Francia, dove si rimise a suonare. Da allora in poi le sue composizioni sono divenute del tutto particolari, malinconiche, una stupenda commistione tra la musica folclorica tedesca e francese ed il jazz che arrivava dall’America. Jacques tati gli fece la corte per mesi, per convincerlo a scrivere la musica per i suoi film più famosi, “Mon oncle” e “Les vacances de Mr. Hulot”.
Ed Alain Romans ne ha fatto due capolavori, utilizzando, nelle registrazioni, anche suoni ambientali: vento, risacca, bambini, tutte cose che allora venivano ignorate dalla musica. Quando è morto, a 88 anni, Alain Romans era considerato uno degli intellettuali più affermati di Francia, ma rifiutava di farsi etichettare come musicista jazz. Eclettico, preferiva essere considerato “insegnante”. Di tutto, perché di tutto sapeva, e perché, come diceva, “spiegare ai giovani è l’unico piacere della mia vita, perché accanto a me non ho mai sopportato nessuno, la sfiducia nell’essere umano è da sempre il mio tratto caratteriale più marcato”. Io ve lo propongo perché odio l’idea che venga dimenticato, e perché ancora mi commuovo, quando inizia la sigla di un fil di Jacques Tati ed Alain Romans.
https://www.youtube.com/watch?v=Ugeu2nq7uGg
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