Musica

La musica bisestile. Giorno 219. The Other Ones

23 Dicembre 2018

Una band tedesca degli anni 80 che suonava pop internazionale? C’era, ed era questa. Anche se oramai una cosa così non la sa davvero più nessuno

THE OTHER ONES

 

Ho (troppo) a lungo ragionato sulla necessità o meno di documentare gli anni 80 attraverso dischi più o meno buoni di band come gli Ultravox, i Duran Duran, gli Spandau Ballett, gli Wham, gli A-ha, i Culture Club, gli Erasure, oppure Howard Jones e Nik Kershaw, e sono arrivato alla conclusione che, semmai dovessi menzionare un componente di questa valanga, almeno uno completamente sconosciuto, ma che al contempo abbia lasciato una qualche traccia. Niente di meglio, allora, dell’album d’esordio di un sestetto berlinese composto da tre fratelli australiani (Alf, la cantante Jayney ed il chitarrista Johnny).

“The Other Ones”, 1986

Alf era in Germania da un po’, suonava nel gruppo di Nina Hagen, che era un idolo della DDR scappato all’ovest, una sorta di Renato Zero al femminile, molto importante per la storia della cultura tedesca. In quanto membro della Nina Hagen Band, Alf suonava anche con gli Spliff (la stessa band senza Nina), il cui maggior successo, “Carbonara”, è un elenco imbecille di parole in italiano che un crucco demente usa per fare la corte ad una ragazza incontrata a Rimini d’estate. Una merda compiaciuta. Gli altri due fratelli giravano il mondo facendo i camerieri, guidando un camion, pulendo uffici, e suonando in piccole band anni 80 che facevano un disco e poi morivano di inutilità pregressa. Quando, nel 1984, per una serie di circostanze fortuite si trovarono tutti a Berlino, Alf ottenne per tutti un contratto per lavorare alla band pop tedesca del momento, gli Alphaville (“Forever young”) e quindi, nei tempi morti, misero insieme tre tedescotti di passaggio ed iniziarono a registrare demo delle loro canzoni. Genere: pop qualunque, con testi di stile sanremese e succedanei play-back che davano loro la possibilità, se installati su un palco, di saltare di qua e di là come ranocchie senza che il sound delle canzoni venisse interrotto. Il fatto è che proprio in quel momento stavano esplodendo i Depeche Mode e quindi le case discografiche, mulinando le orecchie alla disperata, erano alla ricerca di artisti simili da gettare nella mischia, ed Alf Klimek fu tra i prescelti e scelse come nome per la band “quell’altri”, che mi ricorda tanto lo sketch su Pasquale reso famoso da Totò. La band ricevette un budget mostruoso per convertire il demo in un disco, ed il risultato fu che i tre singoli finirono tutti in classifica, anche perché corredati di videoclips professionali ed un grande battage pubblicitario. Sicché, a quel punto, la band fece un tour mondiale di un anno, e poi si chiuse in sala di incisione per ripetere l’exploit. Risultato: zero carbonella. Quindi Quell’Altri scomparvero dalla storia della musica moderna di assoluto soppiatto, come ci erano entrati. Sono solo io, con il mio bizzoso snobismo, che vi ricordo il fatto che in qualche modo siano esistiti.

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