Musica
La musica bisestile. Giorno 20. Nick Drake
Il malinconico testamento artistico di un folletto straordinario, timido, dolce, debole e triste, che venne scoperto dal mondo solo quando era troppo tardi, ed il male di vivere se l’era già portato via
BRYTER LYTER
Coloro che conoscono Nick Drake, logicamente, non riescono a capire come fosse stato possibile che, quando lui era ancora vivo, quasi nessuno si fosse accorto della sua grandezza. Tant’è che Nick, che era comunque un uomo fragile ed un artista insicuro, ne morì, giovanissimo. I suo colleghi lo adoravano. In questo disco, uscito nel 1971, ma registrato l’anno prima, suonano i Fairport Convention di Sandy Denny, i Beach Boys (che uscivano da “Pet sounds”) e John Cale dei Velvet Underground. Ci suonavano perché trovavano le canzoni fantastiche – e difatti, dopo il 1971, tutti i più grandi sono ripartiti da lì: Bruce Cockburn, Leo Kottke, persino Paul Simon, appena chiusa la fase con Art Garfunkel, Jorma Kaukonen e soprattutto Van Morrison. Io l’ho scoperto per caso, tanti anni dopo, in un periodo in cui passavo tantissime ore studiando e leggendo.
Per lui, suonare in pubblico era un disastro. Seduto in un angolo, strimpellava e cantava sottovoce, per non disturbare quelli che chiacchieravano e si ubriacavano. Il cantautore scozzese John Martyn, che era suo amico, dice che a volte andava ai concerti per urlare alla gente di star zitta ed ascoltare, e che ci volevano molti minuti prima che la gente si accorgesse di quanto meravigliosa fosse la musica di Nick. Che faceva fatica a mangiare, era continuamente depresso, solo come un cane, spesso semplicemente assente, nonostante i suoi testi parlino di un’intelligenza, un’empatia ed una profondità eccezionali. Non credeva in sé stesso, non credeva nella vita, ed è morto a 26 anni, a casa dei genitori, stremato dal digiuno e dagli antidepressivi.
Il suo è un dolore senza ansia, senza rabbia, senza costernazione, quasi sereno. Oggi, quando lo ascolto, penso ad un’estate calma e tranquilla, solitaria e densa di spunti e magie, e ci affogo volentieri, cullandomi nella voce riflessiva e popolaresca di un ragazzo senza tregua, nato a Rangoon, da un ufficiale britannico, e che non era mai riuscito ad abituarsi al mondo occidentale. E che è tornato sulla Luna, da cui evidentemente proveniva, a guardarci con mesto affetto.
Devi fare login per commentare
Accedi