Musica

La musica bisestile. Giorno 196. dEUS

11 Dicembre 2018

Strumenti classici che si combattono in epiche battaglie elettroniche: dal Belgio arriva la nuova frontiera dell’indie: trasformare la musica classica moderna (del Novecento) in pop alternativo

WORST CASE SCENARIO

 

C’è una band della Germania Est, AG Geige, che negli anni 80 ha costruito uno stile specialissimo di musica, che metteva insieme il jazz dei Soft Machine ed il folk locale. Tom Barman, un giovane musicista belga, che in gioventù aveva studiato con attenzione il rock brettone di Alain Stivell ed il folk irlandese dei Planxty, dei De Danann e la musica sperimentale degli Einstürzende Neubauten, aveva cominciato, solo soletto, sovrapponendo tracce nel suo piccolo sistema di registrazione, a sovrapporre appunto cose provenienti un po’ da ogni dove, per costruire un jazz-folk che non c’era, e renderlo il più possibile compatibile con la musica rock.

“Worst case scenario”, 1994

In questo modo sono nati i dEUS, eroi di una stagione vissuta alla velocità di un giro di clessidra, schiacciati dalla contemporanea esistenza di così tante tendenze nuove e potenzialmente alternative. E mentre in Germania Foyer des Art ed i Goldenen Zitronen, partendo da AG Geige, finivano il primo nella letteratura, i secondi in un post-punk fatto a mano, cesellato intorno a testi estremamente politicizzati, il tutto tendente ad una super intellettualità, i dEUS facevano il percorso inverso, cercando di scendere dal caos ai sentimenti primari, in un processo che, in parte, faranno gli islandesi di Mum e gli americani dei Pavement.

Con tutte queste referenze, in realtà, ho spiegato la musica dei dEUS solo ad un pubblico di esperti. Per gli altri: immaginatevi una band di folk francofono che, per non risultare noiosa, inserisca una messe di suoni meccanici e strobosonici nei loro brani, ed immaginate che la pressione venga completamente tolta via dal ritmo e venga invece rimpiazzata da esplosioni di violini ed altri strumenti inopportuni, fino a costruire un zigzagare di impressioni fuggevoli, un minestrone di dettagli, nel quale nuotano testi eterei e quasi filosofici.

Dietro questa apparente confusione c’è un sistema: Tom Barman, in realtà, è un regista cinematografico, e nei suoi brani costruisce storie fatte di echi e di rumori, come quelle di “Hotellounge”, in cui gli effetti anticipano e seguono il racconto del testo. Col passare degli anni, però, Barman si è calmato, ed oggi i dEUS sono una band assolutamente irrilevante, se si eccettua il famoso Live 0110, un concertone a favore della difesa dei diritti umani e dell’integrazione, che è stato un grandissimo happening che, per una volta, ha messo Anversa in una bella luce – dato che si tratta della patria delle maggiori organizzazioni neonaziste dell’Europa Occidentale.

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