Musica

La musica bisestile. Giorno 19. Motorpsycho

15 Settembre 2018

La band migliore del mondo, colta all’apice della parabola, quando l’esperienza raccolta aveva ancora una forza propulsiva, con cui passare giornate indimenticabili di una vita al di fuori di ogni esperienza “normale”

LET THEM EAT CAKE

 

Avevano cominciato per scherzo. Bent e Hans Magnus, due ragazzini di Trondheim. nella solitudine della Norvegia centrale, dove tra un paese e l’altro ci sono decine di chilometri di ghiaccio e nulla, e le città pub pieni di alcool per coloro che non ce la fanno a resistere alla solitudine assoluta. Poi, a 18 anni, erano andati a vivere insieme, in una casa al limite della città. Campavano con lavoretti e suonando in una serie di cover band. Dato che a Trondheim c’erano solo tre posti per suonare, e nelle città “vicine” nessuno ti conosceva, loro avevano una cover band dei Who, una cover band dei Led Zeppelin, una cover band dei Creedence Clearwater Revival.

“Let them eat cake”, 2000

Motorpsycho nacque esattamente 30 anni fa come duo punk, perché volevano suonare anche roba propria, e nei ghiacci della Scandinavia questo vuole dire punk. Ma gà che ci siamo, con il nuovo batterista, Gebhardt, registrano anche un album di musica country con testi demenziali, The Tussler. Quando, nel 1992, cominciano ad andare in tour nei centri sociali della Danimarca, della Germania, della Svezia e della Polonia, suonano per pochi soldi, dormono in sacchi a pelo nei posti in cui hanno suonato. Poi, le loro canzoni diventano più complesse. Da Timothy’s Monster in poi, il punk si mischia non solo al country, ma anche al jazz, ed ai riff di Jimmy Page, degli Spookie Tooth, di Pete Townshend.

Registrano nella grande casa, in cui vive la band, con le mogli ed i primi figli. Tutto diventa più serio, più complesso, ed il loro sound è già adesso speciale, non definibile, unico al mondo. Nel 1996, quando esce “Hey Jane”, nel giro dell’estrema sinistra mitteleuropea sono considerati (a ragione) la migliore band del mondo. Perfezione manuale, effetti sinfonici (che verranno poi copiati dai Muse), assoli pazzeschi incatenati in armonie del jazz freddo degli anni 50, un cataclisma di suoni melodiosi ed incazzati, una sorta di contro-rock appassionato ed alieno. A Lipsia, dove li sento per la prima volta dal vivo, migliaia di fan cantano a memoria l’intero concerto, e vi assicuro che non si tratta di musica facile. Loro sono in tour, ininterrottamente, per tre anni, e stavolta conquistano anche l’America, ed arrivano fino a Milano, dove vengono accolti come eroi.

Lo Stickman Ranch, la casa alla periferia di Trondheim in cui da decenni vivono e suonano le famiglie della band

Organizzai il loro concerto ad Erfurt, nel 1999, ed è stata l’unica volta che hanno suonato lì. Ero in ospedale con i calcoli renali, e sono scappato per venirli a salutare. Nel backstage loro mostravano filmini dei loro bimbi, fato di casa nella neve, nel ghiaccio, oppure nel gelo. Niente droga, niente eccessi, solo un gruppetto di amici fraterni, curiosi come scimmie, affettuosi, che bevono tisane e giocano a carte con regole incomprensibili e ricoprendosi, ridendo sguaiati, di insulti. Mio nonno, che odiava il rock, li avrebbe adorati. E nel 2000, con questo album, raggiunsero la perfezione, perché, come mi disse Gebh, avevano scoperto il beat e la musica classica che ne era la segreta origine. Un disco di musica beatpunk, ma stracolma di jazz, niente di etnico, ma tanto di scandinavo – un sole segreto che scioglie i ghiacciai eterni dal di dentro.

Erano così bravi, che iniziarono a litigare. I figli crescevano e non volevano più vivere a Trondheim. Con Phanerotyme arrivarono al beat puro, ma scivolarono di nuovo nel punk, perché iniziarono a suonare per far soldi. Esistono ancora, ma sono la cover band di sé stessi, un fenomeno da baraccone. Ora mi dicono che hanno problemi di alcool, e che la solitudine li divora. Ma io non giudico. Sono stati gli angeli di un genere musicale che non è mai stato codificato, e per un periodo lungo quasi un decennio, nessuno al mondo suonava come loro. Semmai vi capiterà di seppellirmi (perché continuo a credere che sarò io a seppellirvi tutti) suonate The Other Fool, che parrebbe dedicata a me, ed invece è dedicata ad uno che abitava con loro, e che avrei potuto essere io, ed è una ballata psichedelica come nessuno ne hai mai suonate, né prima né dopo.

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