Musica
La musica bisestile. Giorno 188. Lou Reed
Aveva cambiato la musica rock con i Velvet Underground, e riuscì a cambiarla ancora come solista, specie grazie alla produzione ed il sostegno musicale di Mick Ronson e David Bowie…
TRANSFORMER
Quando, nel 1971, il chitarrista Stierling Morrison divenne professore universitario, John Cale divenne un compositore classico di successo e Maureen “Moe” Tucker, la straordinaria batterista, decise che si era stufata, Lou Reed annunciò che lasciava i Velvet Underground, perché oramai, senza i suoi musicisti originari, non era altro che una cover band, e si mise a lavorare a testi e musiche proprie.
A guardarlo oggi, con il cervello pieno di ciò che poi è accaduto, direi che fosse il primo musicista del post-punk, e questo molto prima che il punk venisse pensato. In ogni caso era un intellettuale, un artista impegnato politicamente (uno che pensava che potesse esistere un’estetica dell’arte e della politica che coincidesse, e non fosse nazista – quindi punk), uno scrittore di testi terrei e pessimistici, ma dotati di grandissima umanità, completamente scevri di pathos – come se fosse lo specchio rovesciato di Leonard Cohen.
Il suo primo disco, infatti, è un borbottio amareggiato e monocorde, che non fece breccia nemmeno nella scena di riferimento newyorkese, con cui Lou Reed si interfacciava. Pochi mesi dopo, incontrando David Bowie, Reed gli fece leggere alcuni testi, e Bowie gli disse: Fenomenali, ci pensiamo io e Mick. Loro avevano appena fatto partire il disco volante di Ziggy Stardust, e Mick Ronson era certamente il miglior musicista ed arrangiatore rock del mondo. Alla fine, come è ovvio, Mick fece la gran parte del lavoro, David veniva solo la mattina presto per ascoltare i nastri ed esprimere la sua opinione, o magari per suonare qualche nota di sax sulle tracce già registrate.
Mick portò in sala la crema della scena newyorkese, a cominciare dal bassista jazz Herbie Flowers, il “quinto Beatles” Klaus Voorman, il polistrumentista Trevor Bolder (David Bowie). Il risultato fu spettacolare, ed è per questo che l’ho scelto come album di Leo Reed, preferendolo a “Rock’n’Roll animal” e ad altri dischi altrettanto famosi. Da “Transformer” in poi Reed divenne il cantautore rock americano di riferimento, anche se la somiglianza con Bowie non l’ha soltanto aiutato. Ma dopo di lui, solo Bruce Springsteen è stato capace di interpretare il caleidoscopio che chiamiamo Stati Uniti con tanta passione e disincanto.
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