Musica

La musica bisestile. Giorno 179. Talk Talk

3 Dicembre 2018

Musica ripetitiva, quasi catatonica, e poi improvvise aperture astrali. Mark Hollis vive in un mondo tutto suo, ed è capace di trascinare l’ascoltatore fino a quell’universo lontano

 

IT’S MY LIFE

 

C’è chi definisce Mark Hollis uno spostato, per il suo aspetto da elfo trasognato ed un evidente difetto di pronuncia, e c’è chi invece lo ritiene un genio. I suoi ultimi lavori solisti sono qualcosa che sta al confine tra l’ambient e l’acid jazz, il tutto condito con una grande passione per il crescendo di riff monotoni che, nel loro cambiare di intensità, ricordano in parte i Pink Floyd, in parte la musica di Moby ed altri innamorati dei sequenzer.

“It’s my life”, 1984

Ebbene, io non appartengo a questa genia, sono un uomo di 60 anni e vengo da tutt’altro nido. Per questo mi piace il suo disco più famoso, anche se è quasi tutto costruito su variazioni della stessa sequenza (La minore, RE settima, MI, SOL9), magari suonate con degli accordi invertiti in modo veramente geniale, ma tutti tesi a costruire una sorta di spirale ipnotica che, nell’ascolto, ti riporta sempre al centro, al basso dinamico di Paul Webb, che però, dopo questo disco, lasciò i Talk Talk, esasperato dal modello compositivo di Mark Hollis.

La band aveva sfondato prima di esistere, perché il fratello maggiore di Hollis, ed, era uno dei più acclamati e progressivi DJ di Londra, ed aveva contribuito al sound, alla ricerca di un contratto discografico, alla produzione ed era poi stato decisivo al momento di fare una campagna pubblicitaria e rendere i Talk Talk famosi a Londra, poi nel Regno Unito, e poi in Europa. La band, dal vivo, era una delusione, perché la maggior parte dei suoni venivano dai computer, e Mark Hollis era un nerd che non riusciva a tenere il palco.

Ma col tempo mi sono reso conto di quanto lui sia stato importante per l’influenza che ha avuto sulla musica indie degli ultimi 20 anni, e non parlo soltanto di Moby, ma anche di artisti stupendi come Anthony and the Jones ed analoghi acts inglesi dell’ultimo decennio. Ho visto una sua recente intervista su Lady Gaga, e l’ho ascoltata pieno di stupore. Costei, che per me era poco più che un fantoccio pubblicitario, viene idolatrata da molti musicisti anglosassoni come la grande erede del glam di Mark Bolan e di un folk pianistico, iniziato da Tori Amos, che ha pochissimi eroi, ma quasi tutti al femminile, e si rifanno, come capostipite, alla meravigliosa Kate Bush. Sarà la musica che gira intorno, diceva Ivano Fossati, sarà che abbiamo nella testa un maledetto muro. Bisogna sempre ascoltare la nuova musica senza pregiudizi.

https://www.youtube.com/watch?v=i7OEvo-GjUg

https://www.youtube.com/watch?v=nBcjrlg_WSY

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