Musica
La musica bisestile. Giorno 169. Cannonball Adderley
Cannonball Adderley era uno che aveva studiato, che veniva da una famiglia che faceva parte dell’alta borghesia, non era uno di quei matti ubriaconi e disadattati che guidavano l’onda del jazz. Anche analizzando l’Africa, era pignolo. Per questo era spesso di cattivo umore, e faceva fatica a suonare a lungo con gli stessi musicisti.
AFRICAN WALTZ
Lo so, mi dispiace, i miei eroi del jazz sono loro, sempre gli stessi, sono i grandi degli anni 50, quelli che hanno lavorato con John Coltrane, Miles Davis, quelli nati con Charlie Parker, vissuti con Chet Baker e Gerry Mulligan, gli epigoni del bebop e poi del cool jazz. Tra tutti loro Cannonball è una figura del tutto particolare, in ogni senso. Primo: non era selvaggio, malinconico, autodistruttivo convoluto di energia, ma un insegnante di musica della Florida, di buona famiglia, che era partito dal blues e, quando arrivò a suonare con Miles Davis, litigava con tutti, perché quei pazzi avevano completamente stravolto la struttura in dodici battute del blues e lui, che si dava il tempo col piede, finiva continuamente fuori contesto.
Naturalmente, essendo un sassofonista straordinario, ha imparato, e ci ha messo del suo, cambiando in parte il sound del sestetto di Miles Davis alla fine degli anni 50. Dopodiché era abbastanza famoso per mettersi in proprio, ed ha creato un suo stile, che resta a tutt’oggi inconfondibile, e che è stato il punto di partenza per moltissime orchestre che, negli anni 60, avevano un successo paragonabile a quello degli eroi del beat e del rock’n’roll: James Last, Gus Brendel, Igor Rosenow. Orchestre che ingoiavano e digerivano qualunque brano, di qualunque provenienza, e te lo restituivano compilato e compunto, in un’esplosione ordinata ed allegra di fiati e maracas, di snares e tromboni, sussiegosamente alla rincorsa del contrabbasso, in un’armonia che tutta la mia generazione percepisce (credo) come la musica più naturale che ci sia.
“African waltz” è stato il punto più alto della maturazione di un jazzista pignolo ed analitico, uno che provava e scriveva musica da solo, e spesso, anche dal vivo, si arrabbiava per le pecionate altrui. Non aveva paura di nessuna commistione, gli bastava che la musica fosse suonata “come si deve”, e poi era pronto anche ad andare sul palco con un jingle pubblicitario. Ma il suo vero grande amore era e rimase il blues, che secondo lui era il minimo comune multiplo di tutte le tendenze, anche etniche, della musica moderna. Un filo rosso dall’Africa all’Europa (come spiega il titolo di questo capolavoro), e dall’Europa al nuovo continente, quello in cui tuto confluisce finalmente in una nuova unicità.
In calce vi aggiungo il più grande successo commerciale di Cannonball, “Mercy mercy mercy”, che è l’ennesimo blues, a mio parere nemmeno tra i migliori, ma il successo a volte cade dove meno te lo aspetti. Del resto, il jazz alla Adderley veniva ballato, sia nei locali che nelle feste private. La famiglia di mia moglie, che per anni ha posseduto una villetta in montagna, organizzava delle serate in cui si ballava questo tipo di musica e si consumavano le piccole grandi tragedie delle generazioni prima della nostra, nelle quali si cornificava a manetta, come è sempre stato e sempre sarà, ma si cercava di farlo salvando le apparenze.
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