Musica

La musica bisestile. Giorno 167. Portishead

27 Novembre 2018

Prima di loro l’elettronica scopiazzava gli strumenti a fiato o a corda, con loro diviene un suono nuovo, del tutto caratteristico, che ha un valore molto al di là dei vincoli della ritmica e diviene la chiave di un mondo fantastico tutto da esplorare.

 

DUMMY

 

Una musica che non c’era, e che più tardi verrà chiamata trip-pop. Non so cosa farmene di questa definizione. Il meraviglioso dei Portishead sta nel prendere ciò che i Depeche Mode ed i Kraftwerk avevano usato per creare pressione su un ritmo monocorde, creato dai sistemi elettronici, fino a farlo diventare impulso cerebrale, e togliervi tutta la velocità, la compulsività, fino a trasformarlo in pensiero, in flusso di emozioni.

“Dummy”, 1994

Tra le mani di Geoff Barrow, gli strumenti, trasformati in sequenze, e costruiti su colonne di elettronica, acquistano una maestosità minore, sottovoce, suadente e consolatoria, su cui Beth Gibbons, con la sua voce a metà tra il lamento e il ricordo, costruisce una tensione diversa da tutte quelle che conoscevamo prima. Prima c’erano i Massive Attack, i Primal Scream, ed altre cose che finivano a sbattere, come falene, sul ritmo ossessivo che diventa più forte ed imponente della melodia. L’invenzione dei Portishead è di riportare tutto ad una sintesi in cui il canto sia primordiale, e tutta la tecnologia, e centinaia d’anni di sviluppo ed avviluppo musicale siano null’altro che un tappeto volante, con cui aumentare la capacità di volare.

Ci sono voluti 30 anni di storia del rock per riuscire a creare un sound nuovo e straordinario usando l’elettronica, e quasi solo l’elettronica, lavorandoci come si lavora esplorando i confini di ogni singolo strumento muiscale. L’innovazione sta proprio nel fatto che i computer non sono stati usati per la fase ritmica, non sono stati usati per creare un finto suono d’archi, un finto suono di fiati, un qualunque altro finto suono. I Portishead usano l’elettronica per creare un nuovo suono che, dopo di loro, impareranno ad usare quasi tutti, e che aggiunge nuovi strumenti a quelli che noi già conoscevamo da secoli o da decenni.

Non mi meraviglia che, dopo due dischi, la band abbia smesso di esistere, e che i suoi componenti, dopo la fine di quella fantastic esperienza, non abbiano mai fatto altro di veramente buono. Solo gli Hooverphonics, per un momento, erano stati capaci di ricostruire queste atmosfere. Ma dopo un po’ bisogna tornare indietro, non si può vivere nell’isola d’elfi irreale e nebbiosa dei Portishead, quello è solo un momento di pace, un giaciglio provvisorio nel caos quotidiano, un nascondiglio sicuro. Se mai le sirene hanno incantato i marinai e portato Ulisse quasi alla pazzia, Beth Gibbons era una di loro, sopravvissuta all’eternità.

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