Musica

La musica bisestile. Giorno 159. Jovanotti

23 Novembre 2018

Aveva iniziato come il pappagallo sciocco di Claudio Cecchetto, ma poi, disco dopo disco, è divenuto uno dei più importanti cantautori degli ultimi decenni, e con Saturnino al basso ha iniziato ad incontrare musicisti straordinari che lo sostengono e ne trasformano lentamente il sound

 

LORENZO 1994

 

Fino a quel momento, Jovanotti era stato una sorta di marionetta schizzata, una sorta di clown per paninari che gridava “uno due tre casino” e si era costruito una solida fama da deficiente. Poi l’incontro con Saturnino Celani, forse il miglior bassista italiano di sempre, uno che è creativo come Jaco Pastorius, dinamico come Bootsy Collins, veloce come Mark King. Dopo Saturnino, anche Michele Centonze, un ottimo chitarrista di scuola romagnola (che ha studiato da Ares Tavolazzi), e poi – grazie a Claudio Cecchetto – la crema dei fiatisti italiani, partendo da Demo Morselli, il più grande trombettista del dopoguerra.

“Lorenzo 1994”, 1994

Improvvisamente, Lorenzo Cherubini, toscano di origini e romano d’adozione, smette di essere il pupazzo di una insopportabile “Milano da bere”, e si scopre autore di testi intelligenti, impegnati, e capace di costruire, con la sua nuova band, un sound che esce dall’hip-hop e dal jazz-rap, e si trasforma in un suono tribale, etnico, con una carica enorme di funk, ed una sostanza che va molto al di là del fatto che Jovanotti sia stonato e che, musicalmente, sia una frana.

Questo disco non solo è stato un successo mondiale, ma è stato, per lui, il segno che si era castrato da solo, che ora è in grado di fare ben altro, e che sia giunta l’ora di imparare a suonare la chitarra, per diventare davvero un cantautore – il più grande di una generazione che comprende Samuele Bersani, Max Gazzé, Francesco Renga, Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, e che ha dimostrato uno spessore non ancora paragonabile a quello dei mostri sacri come Gaber, Dalla, Guccini, De André, De Gregori etc., ma certamente una generazione di artigiani bravi, intelligenti, e capaci di trovare strade nuove in un mercato strozzato dalla nuova e caleidoscopica ignoranza totale del pubblico odierno.

Il grande viaggio di questo ragazzone simpatico e di profondità inattese è cominciato lì, un quarto di secolo fa, un periodo lungo da mozzare il fiato, in un mondo in cui nulla dura più d’un battito d’ali. Dopo il 1994 ha scritto tantissimi brani importanti, ed è per questo che ho aggiunto in calce il video della sua canzone che amo di più, fino a commuovermi ogni volta che la sento, che è “Le tasche piene di sassi”, in cui Lorenzo è il bimbo che è sempre sembrato, che aspetta la mamma che ha fatto tardi a prenderlo da scuola.

Questa è la sua grandezza: quella di aver ammesso di dover imparare tutto, quella di averlo fatto sempre con un sorriso sulle labbra, ammettendo di essere stato fortunato, ma anche capace di tenere insieme la sua famiglia e la sua band anche dopo tradimenti altrui, perché ha sempre considerato quello stringersi più importante di ogni errore, bruttura, vigliaccheria, scivolone, momento di follia, Jovanotti ha dimostrato, dandoci una grande lezione umana, che la felicità è nell’impegno continuo e pignolo, e l’entusiasmo nella perseveranza.

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