Musica
La musica bisestile. Giorno 156. Henry Cow
Amare questa band era difficile, trovare i suoi dischi quasi impossibile. Vederli dal vivo un’esperienza indimenticabile, appassionata e folle
CONCERTS
Il jazz al femminile è un diamante rarissimo. Una band con Lindsay Cooper (oboe), Dagmar Krause (voce) e Georgina Born (basso) è un fatto unico, ed è stato possibile solo con polistrumentisti come i tre ragazzi originali di Henry Cow. Fred Firth, Tim Hodgkinson e Chris Cutler.
Tre casinisti pignoli, che rispetto ai Gong ed ai Soft Machine hanno svolto un percorso che parte dalla musica classica di Stockhausen (e Bernstein!), e torna indietro, misurandosi con le armonie provenienti da diversi recinti melodici, e con Lindsay Cooper e Dagmar Krause trovano due fatine che riescono a sviluppare una linea principale dove è apparentemente impossibile che ce ne sia una, trasformando una musica potenzialmente snob ed auto-referenziale in uno zoo di esplosioni intelligibili, un nuovo mondo in cui riecheggiano, lontani ma rammentabili, Beatles e Sun Ra, l’elettronica tedesca e le tendenze più estreme della musica brasiliana. Già detta così, si capisce che è musica difficile.
Oggi è quasi inascoltabile, perché abbiamo perso l’abitudine di guardare al dettaglio e non riconosciamo più le singole menzioni di altri stili, e quindi non abbiamo più un accesso immediato alle emozioni che questa musica suscitava 50 anni fa. Sembrerà strano, ma nella musica il mondo, invece di andare avanti, è andato indietro, l’intera costruzione e tradizione culturale della musica intellettuale è stata sacrificata dapprima sull’altare dell’elettronica, e poi su quella del bambinismo. ma vi assicuro che, se ascoltate con vera attenzione gli Henry Cow, molto presto comincerete a cogliere il senso, a ricordare, a ricollegare. Perché questa è stata una band fondamentale nella storia del jazz contemporaneo.
https://www.youtube.com/watch?v=G_PATZa-RkQ
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