Musica
La musica bisestile. Giorno 14. Tamara Danz & Silly
Una donna comee un’esplosione continua, come una cometa che risucchia i sogni di un’intera nazione nel gorgo di una band che la adora e che non può che accompagnarla all’autodistruzione
HURENSÖHNE
Cosa ascolti, Paolino, quando la malinconia ti divora la gola ed il petto? Quando persino il sole parla di nostalgia, dell’incapacità di vivere sereni, di ciò che non torna, perché non c’è mai stato, o magari è passato di qua e non sei stato lesto ad accorgertene? Da ragazzino ascoltavo Elton John. Oggi no. Oggi ascolto Tamara Danz. La donna più incredibile che io abbia mai visto. Non solo il fulmicotone dell’artista straordinaria, ma la “piccola donna”, come si definiva leziosamente, che era in grado, con una smorfia, di mettere in ginocchio una platea di cinquantamila persone, senza usare la femminilità, ma solo una rabbia antidiluviana, onnipotente, un crotalo impaurito.
La sua band, Silly, era la band di uno dei musicisti più famosi della DDR, Mike Schafmeier, che aveva scelto Tamara come corista. Durante la registrazione del primo disco lei lo fece buttare fuori dal gruppo, e lei divenne la diva. Al posto di Schafmeier venne Ritchie Barton, il compagno di Tamara. Lei però si innamorò di Uwe Hassbecker, il chitarrista e violinista. Fece in modo di cambiare compagno, ma che la band restasse unita. Conosco Uwe, racconta che soffrirono tutti come bestie. E lei scrisse questo album, “Hurensoehne”, che fu quello della Riunificazione, un capolavoro assoluto, inimitabile, pieno di nostalgia per una DDR che non è mai esistita – quella cercata nelle lotte degli artisti, che erano contrari alla Riunificazione, volevano solo la fine del regime stolido, corrotto, dispotico e disumano retto con la violenza sovietica, ma ancora oggi si sentono profondamente diversi dai Wessies, quelli dell’Ovest.
La canzone che dà il titolo all’album vuol dire “Figli di puttana”. Tamara canta che gli unici uomini a non mentire mai, a non deluderti mai, sono i figli di puttana, “perché vengono e se ne vanno in una notte”. Tamara era la contraddizione personificata, colei che ti faceva capire che quello fosse l’unico modo accettabile di vivere, colei che ti sorrideva con una mestizia che stringeva il cuore, e quando s’incazzava come una vespa ti faceva sentire l’unico vero uomo del pianeta. Colei che ti accarezzava con una rudezza sconosciuta e rasserenante, e quando sembrava dolce era il crotalo acquattato pronto a colpire. Amare una donna così è morire, felice, ogni minuto, e sapere che sia affettuosa, segretamente, come nessun’altra.
Ho conosciuto donne così. Non si interessano per ragazzi come me. La fiamma che le divora mi trova troppo complesso, noioso, contorto, sovrastrutturato. Amano gente semplice, gente incapace di stare in piedi da soli, senza ambizioni, che non abbiano altro da fare se non dedicarsi a loro. Per una di queste donne ho aspettato, inutilmente, un quarto di secolo. Alla fine è arrivata, era troppo tardi, era stata sostituita. Ma Tamara no, e per questo mi manca così tanto, perché nessuna è mai riuscita ad arrivarle vicino, è unica. E quando sono triste e solo, ed il sole mi gonfia il petto e gli occhi, ascolto la sua voce, e la sento vicino a me, come (naturalmente) non è mai stata, ed immagino le liti furiose ed inutili che non ci sono mai state, la scarica secca di energia che provocava facendo arrabbiare chiunque, ed il suo essere completamente indifesa di fronte alla propria energia, e come fosse svuotata, distrutta, quando quell’energia aveva riempito tutti. Quando stava morendo, ed i medici dicevano che non ci fosse più nulla da fare, lei alzava la testa con fierezza e diceva: Morire? Tutte cazzate! Muovi il culo, ragazzino, occupiamoci di cose serie.
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