Musica

La musica bisestile. Giorno 129. Poco

8 Novembre 2018

Sono sempre stati la band in competizione con gli Eagles, ma non hanno mai avuto la stessa potenza alle spalle, lo stesso marketing, gli stessi soldi. Ma i riff di Richie Furay e Jim Messina sono rimasti bellezza pura

 

CRAZY EYES

 

In principio erano i Buffalo Springfield, che nell’arco di soli 18 mesi inventarono il folkrock californiano e divennero una delle tre band di riferimento del movimento studentesco del 68, insieme a Jefferson Airplane e Grateful Dead. Diversamente dagli altri, i Buffalo parlavano apertamente del movimento: “For what it’s worth” è ancora oggi il grande inno americano alla rivolta. Ma dopo pochi mesi era già finita. Siccome il canadese Neil Young non aveva un permesso di soggiorno negli Stati Uniti, la band aveva difficoltà a suonare dal vivo, ed alla fine Young venne estromesso e Stephen Stills, che insieme a lui aveva scritto più di metà delle canzoni, lo seguì infuriato.

“Crazy eyes”, 1973

Richie Furay e Jim Messina rimasero da soli a finire l’album di addio dei Buffalo Springfield e poi, dato che anche loro abbisognavano di pane e companatico, continuarono suonando con due musicisti da studio molto affermati, Rusty Young alla chitarra e Randy Meisner al basso, che in studio avevano sostituito Stills e Young. Ma furono costretti a cambiare nome, e scelsero Poco, che fa veramente schifo, ma tant’è. Un nome da perdenti. Ed infatti, nonostante costoro, nell’arco di pochi mesi, inventassero il sound che si chiamerà poi WestCoast, a metà tra country-rock e folk, ad avere successo sarà la band formata da coloro che i Poco avevano scartato dopo le audizioni, e che scelse il nome di Eagles.

Tra le due band c’è sempre stata osmosi e competizione, la vera differenza tra le due band è sempre stata costituita da Richie Furay – che, oltretutto, era il miglior costruttore di riff di chitarra ed ha davvero uno stile tutto suo, basta ascoltare “Call it love”, in “Legacy”, il disco di addio degli anni 80. Comunque, qui siamo ancora al 1972, ed i Poco hanno registrato un album all’anno, sono una band di discreto successo (all’interno degli Stati Uniti), Furay e Messina non fanno che litigare tra loro, tutto va bene.

In studio, mentre viene ultimato il sesto disco in sei anni, Furay decide di smettere. Le tre settimane finali di produzione diventano un inferno, all’interno del quale il famoso produttore Bob Ezrin riceve tantissimo spazio per fare come gli pare, e tira fuori un album indimenticabile, la sintesi tra i sogni malati di Gram Parsons, i cori dei Byrds di Crosby e McGuinn, la rabbia di Phil Ochs, l’abbronzatura degli Eagles, l’epica di CSNY. Un disco che si venderà male, e che per me rimane invece una delle più solide pietre miliari della musica popolare americana. Infatti Furay, dopo un po’, ci ha ripensato d è tornato all’ovile. Ma, se dovessero piacervi, allora scorrazzate tra tutti gli album, fino al 1980, e ci troverete perle inestimabili, disseminate lungo il percorso.

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