Musica

La musica bisestile. Giorno 119. Al Stewart

3 Novembre 2018

Ancora oggi, Al è uno dei compositori più prolifici e con la più grande fantasia. I suoi dischi sono tuttora stupendi, anche se non ha più l’industria discografica alle spalle, ed i suoi colleghi lo venerano e (spesso) gli rubacchiano qualche melodia

 

INDIAN SUMMER

 

Probabilmente il suo nome lo avete dimenticato. Avete fatto male, perché è tuttora il capofila del moderno folk britannico, ed i suoi dischi, anche quelli più recenti, sono bellissimi. Ma è sempre stato così: Andy Summers, il chitarrista dei Police, suo grande amico fin dall’infanzia, racconta: “Era appena arrivato a Londra dalla Scozia, ed era un ragazzo tranquillo, che scriveva canzoni, ed aveva una nuova melodia stupenda ogni giorno. Ogni giorno si svegliava ed aveva un nuovo capolavoro in testa, e con queste melodie è sempre stato generoso”. Secondo Summers, diverse delle melodie poi registrate da altri, erano le improvvisazioni serali di Al Stewart, che le suonava per un’ora e poi se le dimenticava. Se stavi attento, gliele rubavi.

“Indian summer”, 1981

Summers gli vendette la sua prima chitarra, Paul Simon gli affittò una stanza a casa sua, Van Morrison gli procurò un contratto con il locale dove tutta la scena folk andava a bere e suonare, Le Cousins Folk, ed Al Stewart, dal 1965 in poi, suonava lì due volte a settimana, da solo, e nessuno sapeva in anticipo cosa. Cat Stevens, un altro suo carissimo amico, che gli spiegò come registrare le canzoni per non perderne i diritti, racconta che “andammo insieme, e dopo aver completato l’iscrizione, il buon Al tirò giù dalla spalla la custodia della chitarra. Dentro c’erano gli spartiti di 300 canzoni. Mai vista una cosa simile. Spesso faceva fatica a scrivere i testi, ma le sue melodie restano le più belle del secolo, nessuno ha una creatività nemmeno paragonabile ad Al Stewart”.

Insieme a questo enorme e stupefacente giro di amici iniziò a studiare da scrittore di testi, e ci si accorse che Al Stewart avesse una vena dickensiana, e fosse capace di bozzetti ironici ed appassionati, il che portò la Decca a fargli fare due dischi, uno dietro l’altro, perché almeno le migliori delle canzoni con cui riempiva il suo bar di Londra rimanessero nella memoria collettiva. Purtroppo non posseggo questi dischi, ma vi basti sapere che sono tutti stati scritti per tre chitarre, che nella registrazione vengono suonate da Al Stewart, Richard Thompson (il leader dei Fairport Convention) e Jimmy Page dei Led Zeppelin, che ancora oggi, di tanto in tanto, va con Al a suonare in qualche bettola, per il puro piacere di stare insieme.

Per questo motivo ho scelto il suo primo disco ufficiale dal vivo, registrato quando oramai era famoso, e nel mondo anglosassone riempiva gli stadi. Confesso: ascolto più spesso gli ultimi tre dischi, usciti in questo decennio, ma Indian Summer mi riempie di gioiosa ed affettuosa nostalgia, e magari qualche canzone la conoscete. “Time passages”, secondo me, è un’altra di quelle canzoni, che terrò salde nel centro del cuore finché vivo.

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