Musica

La musica bisestile. Giorno 117. John Coltrane

2 Novembre 2018

Il jazz conta su alcuni, pochissimi musicisti, che sono riusciti a dare una svolta, che sembrava più anarchica, e che invece si scopre essere pignola, studiata analiticamente, un modo di incanalare la passione in un binario pieno di regole, all’interno delle quali nasce un nuovo modo, libero, di esprimere le passioni

 

GIANT STEPS

 

La sua vera carriera iniziò perché Sonny Rollins non aveva più voglia di suonare, e Miles Davis cercava un sostituto. Si stava uscendo dal bebop, i giovani (come Coltrane) stavano già esplorando il free jazz, tutto sembrava più difficile, i dischi ed i concerti erano pieni di tensione, Coltrane era uno precisissimo, che da Miles Davis (dice lui) imparò tantissimo e si annoiò a morte. Chi di voi ha avuto la pazienza di seguire le mie note quotidiane, sarà tutt’altro che sorpreso nel vedere questo disco, che ha più o meno la mia età, e viene da un tempo in cui Coltrane era agli inizi, ma pieno di energia, pieno di riff schematici che lui riesce ad abbellire, come in un caleidoscopio, di nuovi triangolini colorati, senza soluzione di continuità.

“Giant steps”, 1960

Io sono un dilettante, dei suoi salti di terza capisco fino ad un certo punto, ma mi stupisco e gongolo nel sentirli così chiaramente connessi, mai disarmonici.Solo con tanto ascolto e tante letture capisco che, nelle apparenti improvvisazioni di Coltrane, c’è un amore spasmodico per il dettaglio, per la regola armonica, per il rispetto delle scale e dei sistemi musicali del presente e del passato, un approfondimento senza eguali nel lavoro di tantissimi musicisti nati e morti prima di lui. John Coltrane non è solo un grande tecnico, uno straordinario creatore di melodie ed armonie, è anche un etnomusicologo che punta, con il suo strumento, a ricostruire un’intera storia della musica degli ultimi 300 anni, cercandone il mimimo comune denominatore.

In realtà amo un jazz che è largamente passato di moda, ma che mi parla in modo che io capisca. Erika Leonardi, che con il jazz spiega il mondo, mi ha detto diverse che mi sono servite a spiegare a me stesso perché, ascoltando “Giant Steps”, io mi senta più sereno, e perché io riconosca molti riff di Coltrane: perché in realtà lui è un minuzioso artigiano, non un solista folle sulle montagne russe della velocità. In questo disco lui riesce ad abbindolarti con la tecnica, a farti girare la testa con i giri vorticosi, a rasserenarti con l’aritmetica e l’ordine insiti nel jazz e nella musica classica moderna – che sono le cose che più si avvicinano all’imperfezione dell’anima.

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