Musica
La musica bisestile. Giorno 115. Peter Gabriel
Dopo la separazione dai Genesis, questo disco fu la dimostrazione del fatto che, tolti i legacci in cui Tony Banks aveva castrato la band, Peter Gabriel restava non solo un grande musicista, ma si dimostrava essere l’anima musicale del gruppo
PETER GABRIEL
Ho sempre fatto molta fatica ad abituarmi ai cambiamenti, ed ho sempre odiato quando il componente importante di un gruppo se ne andava. Meglio sciogliersi, come fecero i Beatles, che perdere una delle colonne portanti, come Mauro Pagani della PFM, Ritchie Blackmore dei Deep Purple, Rick Wakeman degli Yes. Ma la “perdita” peggiore fu l’uscita di Peter Gabriel dai Genesis. Comprai “A Trick of the Tail”, mi dissi che era bello come sempre, ma la verità è che Banks, Ruterford ed Hackett facessero cantare quel pappagallo vanesio di Phil Collins mi sembra ancora oggi un’onta irreparabile.
Ma accanto a me c’era (come sempre) Daniele, che invece era molto più aperto e curioso, e si comprò il primo disco solista dell’ex pifferaio dei Genesis. Ed un pomeriggio a Grottarossa lo ascoltammo insieme, e capii subito che avevo, una volta ancora, turlupinato me stesso. Un capolavoro. Anzi: ad essere sinceri, quell’esordio solista di Peter Gabriel era molto più in sintonia con i Genesis che amo io di quanto gli altri siano mai riusciti a fare nei decenni successivi.Brani complessi, testi straordinari, musica addirittura un passo oltre, al di là dei vincoli stabiliti da Tony Banks, che hanno portato la band, anno dopo anno, a sfilacciarsi. Il disco del parabrezza nella pioggia era veramente l’ultimo disco dei Genesis.
Del resto i musicisti che accompagnavano Peter Gabriel erano molto più bravi dei componenti dei Genesis: Steve Hunter, Tony Levin e Robert Fripp. Eppure anche quel disco fu la fine di qualcosa, perché Peter Gabriel non fece mai più dischi simili, da allora in poi l’attenzione spasmodica per la sezione ritmica ha completamente affogato la maggior parte delle sue melodie. Oggi, infatti, non lo ascolto più, mi annoia. So bene di dire un’eresia, ma Peter Gabriel, nonostante “So”, a mio parere ha vissuto di rendita, e questo resta il suo più grande capolavoro.
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