Musica

La musica bisestile. Giorno 112. John Mayall & the Bluesbreakers

30 Ottobre 2018

Il blues bianco ad un incrocio. Da un lato il purismo dei Rolling Stones, dall’altro il preludio al punk, con i Kinks, ed in fondo in fondo l’adeguamento del blues alla religione precristiana dei bianchi, al suo suono antico, sacrale, ordinato e misterioso

 

BACK TO THE ROOTS

 

Ancora recentemente, andando ad assistere ad un concerto dal vivo di John Mayall, ci si accorge che la sua riuscita dipende da quali siano i musicisti che si è portato appresso. I suoi Blusbreakers cambiano ad ogni tour, ad ogni registrazione di un nuovo disco, e non sono sempre di livello eccelso. Ma non hanno sempre la stessa voglia, la stessa urgenza, la stessa presenza sul palco. Per cui, a volte sono indimenticabili, a volte persino noiosi. Li ho visti una dozzina di volte, so cosa dico.

“Back to the roots”, 1971

John Mayall ha una sua capacità di essere sempre riconoscibile grazie alle sue tastiere ed al suo sound ruvido, rupestre, a volte persino rustico, che mischia al blues sonorità e testi che potrebbero venire dallo sciamanesimo celtico, dagli incanti gaelici, ma anche dalle bettole di qualche porto inglese pieno di pescherecci e carbonaie. Gli anni in cui il giovane Eric Clapton suonava con lui sono – a mio parere – i migliori, perché Clapton viene ingabbiato in una struttura in cui ha spazio ma non dilaga, e comunque ha la capacità di rafforzare i tratti europei dei Bluesbreakers.

Per cercare di spiegare meglio: è come se la musica si fosse trovata ad un incrocio, nel 1961, e da lì fossero partite tre strade, inizialmente quasi parallele, poi sempre più distanti tra loro. Mayall sceglie quella del rhythm’n’blues bianco; i Rolling Stones quella del blues bianco. i Kinks quella di una cosa di mezzo che, un giorno, magari si chiamerà punk. Il blues di John Mayall è raramente noioso, ma è sempre fedele a sé stesso. in “Laurel Canyon”, che è un altro dei suoi dischi che adoro, l’intera registrazione è un’unica suite, inframezzata da testi e commenti, tutta incentrata sul “medicine man”.

John Mayall (sinistra) ed Eric Clapton (destra) nei Bluesbreakers del 1965

In questo disco doppio, in cui suonano Clapton, Harvey Mandel (Canned Heat) e Mick Taylor (Rolling Stones), invece, Mayall riporta all’ovile tutti coloro che ne erano scappati, e quindi, se si ascolta con attenzione, ci si trovano sonorità simili a quelle degli Steely Dan, di Paul Butterfield, di Elvin Bishop, di Aynsley Dunbar, di Harry Nilsson, di Manfred Mann (e quindi di Bruce Springsteen), e di un tempo in cui il blues bianco era estremamente produttivo, gli Animals avevano esaurito il loro compito, ma il bisogno era rimasto inesausto ed era ancora estremamente produttivo.

https://www.youtube.com/watch?v=nxCTqo6Ulkg

 

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