Musica

La musica bisestile. Giorno 104. Michel Fugain

26 Ottobre 2018

FUGAIN ET LE BIG BAZAR A L’OLYMPIA 74

 

All’inizio degli anni 60, in Francia, c’era solo una casa discografica per cui valesse la pena battersi, e questa era la Disques Barclay, che era divenuta il punto di riferimento, già negli anni 50, dei giovani cantautori come Leo Ferré, Adamo, Jacques Brel, Charles Aznavour. All’inizio degli 60 la Barclay aveva fatto una nuova infornata di giovani promettenti: Dalida, Michel Polnareff, Mirelle Mathieu, Fela Kuti. Due compagni di scuola ed amici per la pelle, Michel Sardou e Pierre Fugain, che avevano frequentato la famosa scuola teatrale di Yves Furet (che aveva introdotto il metodo Stanislavski in Francia), decisero di provare a scrivere canzoni per quel nugolo di voci impostate e cuori sofferenti, e tra il 1964 ed il 1967, aspettando la chiamata del cinema che cambiasse le loro vite, sono divenuti cantautori loro stessi.

“Michel Fugain et le Big Bazar à l’Olympia”, 1974

A me piacevano tutti, perché mi sembravano tutti stupende cornacchie colorate piene di umorismo e di disprezzo per i cantanti impomatati di Canzonissima. Dopo aver sentito Nino Ferrer, Michel Polnareff ed Antoine avevo capito che, in Francia, tutto fosse un po’ più libero, più sbarazzino – ed io ero semplicemente un adolescente timido ed insicuro, cui tutti tiravano le pietre. A partire dal 1975, Massimo Fichera ed Andrea Barbato divennero i capi di RAI2 ed iniziarono a trasmettere la musica che amavo (che amavamo tutti), oltre a programmi veramente alternativi, come “L’Altra Domenica”. Spesso, la mattina, RAI2 trasmetteva interi concerti. Una volta che, chissà per quale motivo, non ero andato a scuola, trasmisero questo concerto di Michel Fugain.

Stupendo. Ciò che Ivano Fossati aveva inutilmente tentato con gli Osanna, e, più tardi, riuscì a Berlino con Ton Steine Scherben, ed ancora di più con la Hallucintion Company, da cui uscì poi il cantautore viennese Falco, eccolo lì, lo spettacolo perfetto. Altro che Renato Zero. Si può trasmettere un senso di diversità anche senza buttarla sull’equivocità sessuale, semplicemente cantando storie diverse, magari con una scrollatina di musica brasiliana, e se lo fai con un’immane sarabanda di musicisti ed attori, ecco che tutto assume un carattere di allegra malinconia che, ad esempio, Brel e Gaber non avrebbero mai potuto avere. Ma la Francia di allora era moltoi più avanti di noi… Fugain è serio, ma in modo faceto. E le sue canzoni sono tra le più dolci ed intelligenti che conosco. “Una Belle Historie” è meravigliosa e triste da non farcela, davvero. Una delle dieci canzoni al mondo che giustificano l’esistenza dell’uomo sul pianeta.

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