Musica
Fuori “ORA”, esordio del cantante e performer Marco Di Nunno: l’intervista
Si definisce <<un testardo sognatore pugliese>> che ama il suo lavoro, la musica, e lo difende ogni giorno con tenacia e dignità. Lui è Marco Di Nunno, un cantante e performer italiano di stampo pop-rock. Formatosi tra le mura di alcune delle più importanti accademie di Bari, Roma e Milano, connette la sua versatilità artistica viaggiando tra la musica e il palcoscenico del teatro. Tra le sue esperienze più annoveranti, Marco è uno dei membri ufficiali dei “Mezzotono Piccola Orchestra Italiana Senza Strumenti” in cui contribuisce come Baritono e BeatBoxer. Il 4 settembre è uscito il suo singolo d’esordio come solista, “Ora (La Solitudine di Narciso)”, un mix di pop d’autore e incastri elettronici che farà parte dell’omonimo progetto discografico e che sarà presentato il 12 settembre presso la Biblioteca Giuliani di Palo del Colle in un talk moderato dal giornalista Livio Costerella. In questa intervista l’artista racconta le origini del singolo soffermandosi sulle influenze di vita e professionali che ne sono alla base.
Da dove nasce l’esigenza di un progetto da solista?
Da una spinta comunicativa interna che non riesce ad essere sottomessa o a trovare compromessi con altri. So benissimo lavorare in gruppo. E amo farlo. Ma questo progetto sente la necessità di una visione mia personale e animica. Mi sono ugualmente circondato di ottimi professionisti (musicisti, videomaker, arrangiatori) con cui condividere nella maniera più democratica e sana possibile la mia idea, fidandomi di loro e accogliendo le loro proposte, ma rispecchiando sempre quello che ho in testa e che parte da me.
Cosa rappresenta per te l’espressione ‘ora’ che dà il titolo al primo singolo e all’intero progetto?
Il qui ed ora. l’unico spazio temporale esistente. Il presente. L’espressione più viva dove l’uomo si evolve nel proprio cammino. Il resto è finzione. Il passato e il futuro non hanno una collocazione reale. Sono entità morenti. Non puoi trovare la vita lì dentro.
”La solitudine di Narciso” è una sorta di sottotitolo che allude ad uno dei celebri personaggi della mitologia greca: come mai lo hai scelto e cosa rappresenta per te?
Il mito di Narciso rappresenta l’eccessiva adorazione di sé stessi, che è un po’ lo specchio societario di questi anni. L’altro viene spesso visto come ostacolo al proprio benessere e non come valore aggiunto. Narciso, infatti, finisce per morire lacerato dalla propria immagine riflessa senza che nessun altro amore fosse riuscito a pervaderlo. Oggi siamo vittime di una società narcisistica in perenne corsa. Ti fanno credere di essere amato solo se talentuoso, ricercato, ammirato. I social sono potentissimi in questo. Ma contengono il doppio lato della medaglia. Se produci, esisti. Se non produci, sei un numero e, come tutti gli altri, non riconosciuto. Dovremmo ricostituire uno spazio interno basato sul sano amor proprio e sull’auto-accettazione personale, capace di creare una forte stabilità in grado di proteggerci da tutto questo. Solo smettendo di autocentrare la propria vita sulla propria immagine di sé, potremmo viverla davvero.
La solitudine è per te una condizione positiva o negativa?
Quando la tua mente è impegnata in qualcosa, non ti sentirai mai da solo veramente. La cultura, l’arte, la musica, lo sport, fanno si che questa condizione mentale svanisca e che l’uomo sia in continua evoluzione. Quindi, per me è negativo il non fare. Il crogiolamento mentale. L’autosabotaggio e la paura di agire.
Quali sono stati gli ascolti musicali che hanno influenzato la tua ricerca artistica?
Michael Jackson in primis. È uno dei pochi artisti in cui mi ci rivedo totalmente. E che ho seguito sin da quando avevo 8 anni. Passavo le mie giornate ad imparare i suoi passi (una volta mi sono anche slogato la caviglia) e a guardare i suoi video. Conosco quasi tutto di lui. Ma come gli artisti del passato, ho bisogno di andare avanti nella ricerca. Cosmo mi piace tantissimo. Mi trasporta in un mondo musicale e linguistico fuori dall’ordinario, un po’ come il maestro Battiato. (Torneremo ancora uno dei miei capisaldi della musica italiana). Ho mangiato “A casa tutti bene” di Brunori Sas. Per me, un grande cantautore. Uno di quelli veri rimasti. Niccolò Fabi ha fatto parte per molti anni della mia vita. Conosco quasi tutti i suoi dischi e ho frequentato i suoi concerti nei parchi, nelle città disabitate ma anche nei teatri, come il Petruzzelli di Bari. Sono anche amante della musica strumentale e un artista nostrano che mi piace citare è Mirko Signorile. Ho apprezzato molto alcuni suoi brani come “Come burattini”. Una figata assurda per me.
Quanto la tua carriera di performer, anche a teatro, ha influito nella composizione di questo progetto discografico?
Tantissimo. Il teatro mi ha cambiato la vita, arricchendola. Non potrei essere quello che sono adesso senza di lui.E’ un’opportunità per tutti. E’ il modo più semplice ed etereo per simulare la vita ed esorcizzare il male. La musica e il teatro viaggiano strettamente insieme. Non smetterò mai di dirlo.
Sino ad oggi hai viaggiato molto in tour per il mondo: di tutti i luoghi che hai visitato ti porti dietro qualcosa che potrebbe emergere dall’ascolto dei tuoi brani?
Sicuramente. I brani si scrivono solo vivendo. Tutte le esperienze di viaggio (con i Mezzotono) e di vita artistica contribuiscono a donarmi un bagaglio culturale e affettivo sempre più denso. A volte mi scontro anche con i miei giudizi interni e con le mie insicurezze. Ma fa parte della vita e lo accetto così com’è.
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