Musica
Alla scoperta dalla storia di Pino Miafra con Lost Tapes 21: ne parla Livio Minafra
Livio Minafra dedica al padre Pino il volume 21 del progetto discografico Lost Tapes dedicato a grandi musicisti del passato
Rivivere l’inizio di una carriera significa rivelare la passione, i sacrifici e l’autenticità di un percorso musicale unico. Con “Lost Tapes vol. 21: Pino Minafra – The Beginnings ‘70 & ‘80”, il pianista e compositore pugliese Livio Minafra offre al pubblico uno sguardo privilegiato sulle radici musicali del padre, Pino Minafra, tra i più noti trombettisti jazz d’avanguardia italiani. Con una straordinaria celebrazione del talento e dell’eredità familiare nel jazz italiano, Minafra junior dedica, così, un nuovo capitolo del progetto “Lost Tapes” al padre Pino con un cd in uscita il 20 novembre su tutte le piattaforme digitali. In questa intervista, Minafra Junior approfondisce il rapporto artistico che lo ha legato al padre sin dalla tenera età regalandoci ulteriori aneddoti sul suo lavoro di ricerca.
Come mai arriva proprio ora la scelta di dedicare un capitolo di Lost Tapes a tuo padre?
Dopo 20 titoli dedicati ad altri… mi sembra giusto investigare sul passato di mio padre. Non a caso è in preparazione un cd su mia madre dal 1978 al 2014. Inediti e chicche tra musica classica e contemporanea.
Che rapporto c’è stato in passato e c’è ora tra te e tuo padre a livello artistico?
Inizialmente di simbiosi. Poi ho maturato delle mie idee come in tutte le relazioni maestro discepolo o figlio padre. Prendi alcune cose, talvolta molto, ma poi la propria vita ne integra di nuove e nascono lidi sonori e compositori inaspettati.
Quanto la sua carriera ha influenzato le tue scelte?
Bè. Io vedevo che lui e i suoi colleghi suonavano la propria musica. Che fosse il Pino Minafra Sud Ensemble, la Italian Instabile Orchestra, il Gianluigi Trovesi Octet, etc… ed io volevo essere come loro, ovvero inventore della mia musica. Questa è stata l’eredità più grande. Insomma, sii te stesso non solo con le dita ma col… pensiero.
Su quali fonti si è basato il lavoro di ricerca che ha portato alla realizzazione di Lost Tapes 21?
Fa anche rima: spesso le fonti nascono da dei racconti. Naturalmente i racconti per non farne un romanzo sonoro vanno, non solo irrobustiti, ma individuati e provati. Di tutto ciò che mi era da sempre stato raccontato ho dunque iniziato a ricercarne nastri. Nulla quindi di più difficile quando sono registrazioni famigerate di prima che io nascessi… E invece, perseverando, ho trovato cassette del del 1978, 1979, 1981… fino al 1988 con Chet Baker. Sono lavori di anni, di mesi, di notti, di ricerche da film polizieschi talvolta. Mi sento infatti una via di mezzo tra un investigatore sonoro e un archeologo!
Qual è stata la reazione di Pino Minafra al primo ascolto del volume?
Non ricordava molte cose. Peraltro, inizialmente pensava ad “operazioni nostalgia” ed invece gli ho fatto capire che la memoria, grazie alla tecnologia, è viva, necessaria e fresca. E’ come la Cattedrale di Bari. Ha secoli ma non ci stanca mai. Dunque, perchè una registrazione del ’78 dovrebbe essere vecchia e superata? Un’opera d’arte non invecchia, anzi, si connota d’un tempo e prende valore. Dopo, infatti, ci ha preso gusto. Ma così è stato anche con Vincenzo Ciliberti, Antonio Petrone, etc. Spesso lavorando io di notte mandavo gli mp3 via whatsapp e costoro la mattina all’alba si sorbivano magari registrazioni di 50, 60 anni prima. Dei veri colpi al cuore degni di un Ritorno al Futuro sonoro!
In cosa , a tuo avviso, tuo padre è stato un innovatore?
In Italia è stato tra i pochi ad aver messo folk, blues e jazz insieme, disaffrancandosi dal jazz americano. Ha così inventato oltre a delle composizioni, il festival di Noci “Europa Festival Jazz di Noci” nel 1989, il “Talos Festival” nel 1993, la Italian Instabile Orchestra nel 1990, la più importante orchestra avanguardista di jazz italiano. Ha rivitalizzato il concetto di Banda con nuove composizioni per questa formazione più improvvisatori. Siamo nel 1995 e ne è nato un cd Enja Records “La Banda” con cui ha girato mezza Europa. Più che un innovatore è stato uno che ha pensato sempre con la sua testa, pagando prezzi alti talvolta.
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