Musica

Il peso delle responsabilità? K-ANT lo racconta nel videoclip di “Ma Maison”

11 Aprile 2024

A meno di un mese dall’uscita del videoclip di “Ma maison”, terzo singolo estratto dal disco “Cenere”, K-ANT si racconta in un’intervista. Il videoclip, diretto da Alessandro de Leo, gioca molto sul concetto di fuggire o affrontare le proprie paure e responsabilità. Il brano è uno tra i più particolari contenuti nel disco: le chitarre, prima melodiche e poi distorte, sembrano andare all’unisono con una sezione ritmica cadenzata e a tratti irruenta, il cui sottofondo è un piano malinconico unito ai suoni di tastiera. Allo stesso modo, nel testo,  le rime taglienti e veloci delle strofe sono intervallate da un ritornello in francese che, come fosse un mantra, si ripete con accenti spostati e differenti.

“ Ma Maison” riflette sul concetto di responsabilità: secondo te cosa porta un uomo a fuggire  piuttosto che affrontarle?

La paura. La paura di ciò che può accadere, e la paura di non essere all’altezza. In questi casi bisognerebbe fare un gran lavoro su se stessi, cercando di capire cosa ci affligge, e in che modo poterne venire fuori, migliorandoci. Sentire il peso delle responsabilità, qualunque esse siano, ci dimostra di essere “diventati grandi”, che abbiamo oltrepassato una certa fase della vita, e che se ne sta aprendo una tutta nuova. Senza dubbio da scoprire.

 Come mai la scelta del francese?

Il francese ha una sua particolare musicalità già nella lingua parlata, e lo si percepisce ancora di più nel cantato. Lo conosco un pochino, la trovo una lingua molto dolce e sensuale. La scelta è stata involontaria ma obbligata: mi sono svegliato una mattina con questo mantra in testa. Avevo sognato in lingua francese, e le parole di “maison = casa” e “coeur = cuore” mi hanno portato in un particolare stato d’animo che ha dato vita poi a tutto il testo della canzone.

Cos’è per te una casa? E di cosa è metafora nel brano?

Per me una casa è una forma di realizzazione, una sorta di status quo personale. È quel posto in cui sai di poter essere al sicuro. In un certo senso, è una zona di comfort che si concretizza. All’interno del brano ne vado alla ricerca, e a volte provo a gridare a chi ascolta, ma soprattutto a me stesso che posso averne una anche io. Come a rivendicare il mio posto nel mondo, generando un conflitto tra ciò che il cuore desidera o prova a dettarmi (per i rapporti interpersonali, per esempio), e ciò che la mente e la vita poi realizza davvero.

Nel videoclip appaiono altri volti: chi rappresentano?

I volti delle 20 comparse rappresentano le nostre voci interiori, tutte quelle sfaccettature che sappiamo di avere dentro di noi, e alle quali decidiamo di dare ascolto o meno nel corso della nostra esistenza. Rappresentano le incognite per il futuro, i mille dubbi e le domande, i ricordi che tornano, i pensieri che sfuggono via. Rappresentano rabbia e serenità, frustrazione e soddisfazione. Paure e responsabilità, appunto, da affrontare con consapevolezza o dalle quali provare a scappar via.

Da un punto di vista musicale, “Ma Maison” per cosa si contraddistingue?

È un brano diverso da quelli presenti nel disco “Cenere”, credo il più particolare, la classica mosca bianca. La sezione ritmica di batteria e basso fa sì che l’ascoltatore resti incollato a ciò che accade nel brano, fino ad essere prima graffiato dalla chitarra distorta e poi risarcito, per così dire, dal piano melodico e dai suoni di tastiera. Al tutto contribuisce molto il testo: ha un diverso flow nelle strofe e nella chiusura del brano (che termina apparentemente interrotto), e quel ritornello in francese a mo’ di mantra, funge da perfetto collante con accenti spostati e differenti

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