Musica
Intervista a Max Gazzè: “Il cantautore di oggi è uno sperimentatore”
Non succede spesso che uno si trovi a mezzanotte e mezzo sulle scale di un club berlinese a chiacchierare distesamente con uno dei cantautori italiani più importanti del momento. In più non succede spesso che una semplice intervista poi diventi una lezione filosofica. Si parla delle armonie nella musica e persino di quelle della vita, si parla dell’importanza del suono, dei cantautori e anche di Berlino. Non succede spesso, ma qualche volta capita. In occasione del suo tour “Maximilian” incontro Max Gazzè al Frannz Club di Berlino, e lì mi rivela dove gli piacerebbe comporre un nuovo album.
Chi è Maximilian?
Maximilian è un’entità multidimensionale. Nasce come progetto sperimentale. Volevo fare un progetto di musica che mi piace, utilizzando dei sintetizzatori modulari e delle cose particolari da mischiare agli strumenti sinfonici. Stavo lavorando su un progetto parallelo alle canzoni e volevo che l’autore di questo progetto fosse un certo Maximilian. Quindi Maximilian è un alter-ego, che doveva fare un disco parallelo. Però alla fine ho deciso di continuare a lavorare sulle canzoni su cui stavo già lavorando. Comunque mi piaceva il nome Maximilian ed ho deciso di chiamare il disco così. Quando Maximilian farà il disco suo, lo chiamerà Max Gazzè.
Sei romano di nascita con origini siciliane, cresciuto in Belgio e hai vissuto per anni in Francia e anche a Londra. Quindi sei un ragazzo d’Europa. Non ti sei mai chiesto di cantare in un’altra lingua invece dell’italiano?
Io ho cominciato con una band che si chiamava 4play4 in inglese. Con loro scrivevo le canzoni ma facevo principalmente le musiche insieme al chitarrista. Dopo che ci siamo sciolti, io sono tornato in Italia. Anche se non pensavo di restarci, alla fine sono rimasto e ho incominciato a scrivere le musiche per le poesie di mio fratello. Avendo vissuto in Belgio, vivevo tutto ciò che arrivava d’Italia come qualcosa di ben accetto. Per cui stando a Bruxelles ascoltavo tanto i cantautori italiani come Guccini e De André. Mi piace il suono della lingua italiana, quindi ho deciso di cominciare a cantare in italiano. Però in realtà non avevo mai pensato di cantare. Non era un obiettivo della mia vita di diventare un cantante. Perché l’obiettivo della mia vita era fare il musicista, il bassista. Poi ho cominciato a cantare in italiano proprio perché ho vissuto questa lingua all’estero ed ho apprezzato il modo in cui questi cantautori la utilizzavano. Nelle mie canzoni, collaborandoci ormai da vent’anni con mio fratello, c’è una ricerca del suono delle parole che è molto importante. Per esempio le assonanze o le consonanti: Se uno va ad analizzare questi testi scopre che ci sono rime messe in una maniera tecnicamente molto precisa. Addirittura ci sono pure delle consonanti che fanno rima. Ci sono dei testi che, se non ci fosse questo studio, questa attenzione al suono delle parole, sarebbero incantabili. Però è proprio questa ricerca del suono che fa sì che le canzoni spesso diventino quasi delle filastrocche. Alcune canzoni che ho fatto con mio fratello, con dei testi molto complicati al livello analitico, le cantano poi bambini di cinque anni. Ecco perché sono come filastrocche, perché esce il suono dalle parole.
Secondo te, come deve essere un cantautore e come lo defineresti?
Un cantautore è un po’ come lo chansonnier francese. E’ quello che racconta le storie trovate per strada, suonando lo strumento. Però spesso la parola cantautore in Italia è associata a un concetto molto ristretto dal punto di vista musicale. Intendono cioè uno che canta delle storielle accompagnandosi alla chitarra. Mentre io sono un musicista. Per cui mi piace comporre la musica e studiarla. Ho cominciato a far musica da bambino con la musica classica, poi tanti anni di jazz e per me la parte musicale è fondamentale. Non è una cosa che metto in secondo piano. C’è sia l’architettura dell’armonia sia la parola che si inserisce nel suo suono all’interno di quest’armonia. Però la parola cantautore viene spesso associata con qualcosa di triste, qualcosa di malinconico. Come lo vedo io però, è qualcosa diverso, è uno sperimentatore.
Ecco! Tu hai sperimentato sempre con la musica, con diversi stili e generi musicali. Da dove prendi le tue ispirazioni musicali e chi sono i tuoi idoli?
Alla fine sai, è difficile individuare esattamente da dove viene una forma d’ispirazione. Senz’altro questo mondo funziona per interpretazioni. Sicuramente anche quello che può sembrare più naturale, nel momento in cui viene da un’ispirazione, fa parte di una cultura che tu hai acquisito da qualche parte. Perciò le mie influenze da ragazzo, da quando ascolto musica, sono il rock, il mondo del progressive. Ed anche la mia passione per il sintetizzatore proviene da lì. Sono un ingegnere del suono. Mi piace fare il mixage, studiare e ricercare tutto ciò che può creare delle sonorità, tutto ciò che può entusiasmarmi e sorprendermi. A volte perdo tre mesi per fare un suono, e poi non l’utilizzerò mai. Però anche la musica che ho ascoltato da ragazzo e che fa parte della musica sinfonica, mi è sempre piaciuta. Inoltre ascoltavo i Pink Floyd e i Genesis. Poi quando io ho abitato in Inghilterra c’era l’esplosione dello ska.
Certo, che si sente anche nelle tue canzoni…
Eh sì! Infatti tanta gente che ascolta la mia musica l’associa a quel mondo balcanico. Ma in realtà non è quello. Mi ricordo bene i Bad Manners, The Selector, Madness, The Specials,… Quindi sono cresciuto con questo mondo dello ska inglese che mi ha influenzato, probabilmente anche la scelta di suonare il basso, perché nella musica ska il basso ha un’impronta molto importante. Spesso, quando compongo, penso al basso come un istrumento melodico che s’inserisce nelle sue frequenze dentro l’armonia, ma che non deve necessariamente fare l’atonica dell’accordo. Va per i fatti suoi.
Se dovessi descrivere la tua musica con tre parole, quali sceglieresti?
La prima parola è interessante e la seconda è sorprendente, perché piace a me, sorprendermi – ogni qual volta quando faccio qualcosa di diverso rispetto a quello che ho fatto prima. Non faccio successo con una canzone per poi rifarla per dieci anni. E la terza parola … Diciamo nella sua composizione di contrappunto delle melodie, mi piace dire: colorata o pittorica. Come se fosse un quadro di tanti colori che creano un equilibrio. Mi piace pensare ad un arrangiamento come se fossi un pittore, che dipinge un quadro. Quindi: interessante, sorprendente e pittorica.
https://vimeo.com/139759923
La vita com’è?
La vita è tutto ciò che immagini che sia la vita. Esistono sette miliardi di realtà diverse in questo mondo e non esiste un realtà dove diresti: “Questo è vero!” Dipende da quello che uno vive. Per cui la vita è andare avanti senza resistere ai cambiamenti. Il modo migliore della vita è accettare il cambiamento. Che forse è l’unica cosa reale che c’è in questo mondo. L’unica ricetta per essere sereni e cavalcare questi cambiamenti, è non opporsi a questi cambiamenti.
Last but not least: La tua domanda?
Devo fare una domanda? Allora, io che ho sempre viaggiato, che ho sempre voluto sperimentare e capire l’essenza dei luoghi… Qual è il posto dove piacerebbe a Max, stare adesso e comporre un nuovo album? La risposta è: Berlino!
© all photos Helen Hecker
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