Musica
Indie alla riscossa
Sono convinta che molti irregolari come me (irregolari in senso buono, si intende) abbiano provato un certo godimento nel sentire ultimamente le radio trasmettere, con buona costanza, diverse canzoni di alcuni dei rappresentati del nostro scenario indie.
Senza dubbio questa esposizione radiofonica avrà generato una fetta di ex-fan, affezionati colpiti da disaffezione a causa dell’uscita dalla nicchia, interpretata come inevitabile perdita di qualità e inventiva; a fare le loro veci una schiera di nuovi fan, freschissimi e ignari degli anni di gavetta e oscurantismo in cui i nuovi idoli della canzone hanno vissuto fino all’altro ieri. E poi, appunto, quelli come me, che con grande gaudio possono parlare anche con persone regolari di Canova, Gazzelle, Calcutta, Motta, Brunori Sas, Coez, giusto per citarne alcuni, senza dover spiegare, consigliare, intendere: soprattutto senza passare per depressi cronici, alternativi (a cosa non si è mai capito); senza doversi sentire il fatidico “Chi???” plus occhi sgranati.
L’apertura delle acque della musica italiana all’indie è un segnale della necessità di testi quantomeno diversi, in grado di accompagnare ma anche di smuovere, sollecitare, rinvigorire una scrittura appannata e ripetitiva che da anni affligge la pop music, e in parte anche la rock, del nostro Paese. Storie spesso legate a realtà di provincia o di periferia; sentimenti descritti a voce bassa con un lessico semplice e moderno, in accostamenti carichi di incisività e scostamento da linee classiche di espressione: queste alcune delle caratteristiche dell’indie a cui affidiamo con piacere il compito di novità, di rigenerazione, di profondo altro.
Un bell’excursus cronologico dell’ascesa dell’indie di casa nostra lo trovate qui; sotto, invece, il brano che più mi solletica in questi giorni.
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