Musica

In ricordo di Pino Daniele: Musica Divina dentro le nostre anime

4 Gennaio 2025
Sono trascorsi 10 anni: ancora mi commuovo con le sue canzoni e melodie, irripetibili, sono nello scrigno delle Muse: apollinee, suadenti.
Quella notte di 10 anni fa, ho avvertito il gelo, come se fosse andato via un mio caro: aveva irrorato la mia giovinezza ed accompagnato i miei leggiadri studi.
Il Pino Daniele dei primi 10 anni- quello che riempì Piazza Plebiscito il 19 settembre 1981,c’erano 200 mila persone- ha scritto musiche immortali, che oggi sono ancora ricondivise e possono essere cantate e ci commuovono, come se fossero state composte nel nostro presente, tanto assurgono a bellezza sublime.
E ci ricordano sensazioni, stati d’animo, come lui amava dire “ o’ sentimento “, che per i napoletani è l’incontro con Dio, con l’ armonia della natura, con la letizia dell’universo: perciò siamo poeti ed abbiamo la fantasia e la capacità di adattarci, di avvertire i corpi celesti che stanno in terra, come diceva Anna Maria Ortese, finissima scrittrice.
Ma seppure non c’è più con il corpo, Pino Daniele è comunque in mezzo a noi, come una sirena, come Parthenope che, attraverso la sua musica, amoreggia ancora.
Il suo originalissimo sound era di una tessitura ricercata, si sposava con un ricamo rifinito da mano pregiata: chitarra d’incanto, sua amica per sempre.
La lingua napoletana con lui prendeva in poesia, con disinvoltura e scioltezza.
Pino Daniele ha composto musiche originali, da visionario come ha detto Roberto De Simone: dentro c’era il mare, la mitezza del clima del sud, i profumi e la freschezza di questa terra, la pigrizia dei suoi figli, associata alla gioia di sentirsi ricchi solo con una giornata di sole.
Sentivi l’odoroso maggio, che qui a Napoli assurge ad era. Ma si rifletteva anche la sofferenza di un popolo, i suoi tormenti e le sue cadute, le lacrime e la paura, la storia dei suoi vicoli e delle sue strade, “i mille colori” di “una notte che non se ne va”, come i “giorni dispari” delle drammaturgie di Eduardo De Filippo.
Con pudicizia e levigato candore faceva trasparire questi affreschi, ritratti di vita vissuta di una Napoli ammirata e rimproverata, perché non comprendeva i suoi tesori.
Ma il suo sound era rarefatto in un’originalità di musiche che non attingevano a fonti tradizionali;egli infatti ha creato una musica di nuovo conio, di sua produzione: il blues partenopeo.
Chi conosce i segreti dell’arte musicale comprende la compiutezza di quelle partiture, che si rinnovano sempre: mai strutturate con lo stesso giro armonico ed arrangiate con cura meticolosa dei contrappunti.
Nessuna canzone di Pino è uguale ad una sua precedente.
Era un “Nero a metà”, aveva continuato un processo musicale nuovo e di avanguardia, nato con gli “Showmen” di Mario Musella e proseguito con “Napoli Centrale”, sino a ricomprendere tra i suoi musicisti il meglio tra quelli partenopei: Tony Esposito, James Senese, Zurzolo, Tullio De Piscopo. Ha suonato con grandi jazzisti: Chick Corea, Gato Barbieri, Wayne Shorter, Al Di Meola, Eric Clapton.
Ecco perché va nel Mito, che è la collocazione che sta ad appannaggio dei poeti, una dimensione particolare che stringe ed abbraccia solo chi vive di poesia, avvolta in melodie purissime.
Negli anni ‘80-‘90 c’erano Troisi, Maradona, Daniele. Era il Neapolitan Power, non solo Gomorra: il potere di una città con un’ aspirazione a capitale europea.
Ci restano le sue canzoni che sono abito elegante delle nostre anime.
E per questo è immortale.
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