Musica

Il silenzio della Scala, sfida al rumore muto

6 Dicembre 2014

Con questa fanno tre.

Sono stato a tre anteprime dedicate ai giovani della stagione d’opera del Teatro alla Scala.

Ogni anno, stesso schema: la fotocopia dei documenti e i soldi (dieci euro), la fila fin dalla sera precedente o da un’ora notturna che non dovrebbe nemmeno comparire sul quadrante dell’orologio. Le chiacchiere in fila, la prelista informale, le occhiatacce ai furbetti che tentano di superare, la contromarca e finalmente i biglietti. “Ciao, ci vediamo in platea!” “Certo, e in fila tra un anno!”.

Facce che si vedono due volte l’anno: una volta agghindati da esploratori artici per affrontare una notte all’aperto, una volta in giacca e cravatta (talvolta, papillon) nel foyer a commentare la rappresentazione.

Questo è lo schema.

Ogni anno qualcuno vede la fila e chiede “Cosa ci fate qui, ragazzi?” “La fila per la Scala”. Quest’anno una signora arzilla dall’accento francese ci ha definiti ‘eroici’.

 

“Cosa ci fate qui, ragazzi?”

 

La prima volta ero curioso. Curioso di vedere l’interno del teatro, curioso di vedere un’opera, curioso di vedere e soprattutto di vedermi lì dentro.

Quest’anno sono riuscito ad avere un buon posto, platea centrale: per la prima volta mi sono goduto lo spettacolo in tutta comodità, senza torcicolli, senza stare in piedi.

Per questo forse ho avuto l’opportunità di chiedermi “Cosa ci fate qui, ragazzi?”.

 

Il desiderio di bellezza.

 

La bellezza dello spettacolo, dell’esecuzione, del teatro, del pubblico. La bravura dell’orchestra, l’attualità della trama (questa prima, il Fidelio), l’attualizzazione delle scenografie e dei costumi (cemento armato e felpe). Un serata all’insegna della bellezza, una bellezza palese ma sottile, perché lo spettacolo inizia quando si passa la porta d’ingresso. Non sempre e non a tutti sono note le trame e forse persino gli autori. Ma lo spettacolo rimane tale, c’è talmente tanta bellezza che non si può restare indifferenti, una tale cascata non può lasciare asciutti.

 

Premiare la passione.

 

La passione muove tante persone, non meno di trecento, a fare ore di coda (anche più di dodici consecutive). È la passione, espressa in ore di coda, a decidere se si avrà un posto più o meno buono. Il posto è il premio. Ed è il posto, possibilmente un buon posto, l’origine e il fine della coda. Per questo tanti si rimettono in coda, di anno in anno; per questo chi non ottiene un buon posto decide che si alzerà ore prima l’anno dopo.

A fine spettacolo gli applausi. Questo è il premio per il cast, per la regia, per il direttore e l’orchestra. Quindici minuti di applausi, di cui buona parte in piedi. Il direttore che indica l’orchestra, che esce sul proscenio con i protagonisti e la regia.

Ma il direttore fa anche altro.

Il direttore d’orchestra indica il pubblico durante gli applausi. Perché quindici minuti di applausi sono il premio che il pubblico consegna al teatro, in un crescendo di intensità che culmina nella standing ovation per la protagonista e per Barenboim. Ma non solo. Mi è sembrato che quel gesto del direttore suonasse così: “dopo le ore di attesa per quel posto, per venire qui stasera, faccio io a voi questo applauso”.

 

Il desiderio di bellezza, premiare la passione.

O anche il desiderio di passione, che premia la bellezza. O anche la passione per la bellezza e il desiderio di premiarla.

Come dice un brano che molti hanno certamente sentito, “nella rapida corsa di un’unica notte” tutto viene sospeso, accantonato, riposto: non un cellulare che squilla, pochissimi fanno fotografie, le chiacchiere si rimandano all’intervallo: nel tempo del primato della comunicazione, viene lasciato spazio al silenzio, alla condizione necessaria all’ascolto.

Nel tempo del primato della comunicazione, che spesso diventa rumore muto, ottenere silenzio è difficile. Occorrono buoni argomenti, occorre che tutti riconoscano che sono buoni argomenti.

Per questo l’applauso finale fa ancora più rumore: perché prima c’era silenzio.

 

Quest’anno al Fidelio c’era Stéphane Lissner tra il pubblico: ex sovrintendente e direttore artistico del teatro alla Scala, ebbe l’intuizione di inventare l’Anteprima dedicata ai giovani sette anni fa.

Credo che tutto il pubblico, in piedi, battesse le mani anche a lui.

 

 

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