Musica
Il ritorno Magico di Mondo Marcio è un invito ad “amare se stessi”
«E dicono capita / Ma non spararti frà / Sfogliami l’anima / E vedrai che c’ero cosi vicino». È una delle barre – l’unità di misura utilizzata per definire la durata di una strofa – più famose del rap italiano. L’autore era poco più di un ragazzino oggi trentaseienne, Gian Marco Marcello, in arte Mondo Marcio. Mi aspetta seduto su un divanetto di una grande sala della Sony, a Milano. Porta un paio di occhiali da sole quadrati, da cui però mi è possibile intravedere i suoi occhi, calmi e seri, in uno dei primi giorni autunnali di settembre.
Cos’è rimasto di quel ragazzino alto e arrabbiato che a diciassette anni si autoproduceva e che nel 2006, con la pubblicazione di Solo un uomo, è diventato il primo rapper italiano sotto contratto da una grande etichetta discografica, raggiungendo un successo commerciale del tutto nuovo per il genere musicale? Di sicuro, la voglia di scrivere e fare musica, quella che resta e si allontana dall’ossessione infantile di occupare le classifiche. Perché come dice in un video diffuso sui suoi social, che precede la pubblicazione del suo nuovo disco Magico (The Orchard), «la candela non sai quanto a lungo brucia». L’album, disponibile sia in formato digitale che fisico, include i featuring con Arisa, Caffellatte, Gemitaiz eNyv e la straordinaria partecipazione di Saturnino.
Il sette ottobre esce il tuo nuovo album. Si intitola Magico (come un pezzo del disco). Come mai questa scelta?
Il titolo Magico sta per magia personale intesa come la tua specialità. Nel mio caso è la musica, per altri può essere la scrittura, lo sport o altro. Il pezzo parla di tenersi stretti la propria fiamma personale e tenerla accesa, sempre accesa.
Oggi è davvero possibile coltivare il proprio talento, la propria magia, senza omologarsi?
Sicuramente la spinta è molto evidente. La spinta ad omologarsi, sia per quelli che sono gli input, sia per per quella che è la risposta della gente. Tutti quanti vogliono avere l’orologio più costoso, avere il fisico secondo determinati standard, ed è anche abbastanza comprensibile, ma in realtà devi accorgerti di cosa ti fa stare veramente bene. Secondo me bisogna imparare a fregarsene del giudizio altrui. Anche perché comunque, nella mia esperienza personale, ma anche in generale, per quello che vedo, basare la propria felicità sul giudizio degli altri è sempre fonte di ansia, di stress, di infelicità, perché quello è ego, fondamentalmente. Guardarsi dentro invece aiuta molto di più. Amare se stessi e piacersi da soli.
Però, anche per gli artisti emergenti sembra tutto più facile ma è davvero così?
Assolutamente sì, ma quella è anche la narrazione che viene proposta. Però è una narrativa distorta, perché la percezione, è un po’ la percezione di Tinder, no? Nel senso che poi, una volta su cento funziona che puoi trovare la tua anima gemella, una volta su diecimila forse. La norma non è quella. C’è questa percezione che scorre a destra e a sinistra e trovi un altro partner. C’è questa percezione che ti fai un video su Tik Tok e diventi una superstar. È la percezione distorta che viene continuamente riproposta. E poi la realtà è un’altra.
E tu come ti trovi sui social? Che rapporto hai?
Diciamo che non sono decisamente il mio forte. Non sono solo un animale da social. Li uso come uno strumento per comunicare quello che amo fare, cioè la musica. Ogni tanto qualcosina della mia vita privata passa, ma diciamo che se devo comunicare qualcosa la comunico scrivendo canzoni, non con i social.
Nel 2006 hai avuto un successo clamoroso. Ti ha aiutato nel mondo del rap italiano? Cosa ti ha portato poi negli anni? Anche a livello di relazioni con il mondo di cui fa parte?
Beh, se siamo ancora qua vent’anni dopo, direi che è andata bene. Penso che abbia aiutato quel momento di grande esposizione. Ha aiutato me e forse anche la scena in generale, perché ho fatto da apripista per tutti fondamentalmente, sia a livello commerciale, perché appunto ho creato una case history dove se mettevi cento su un progetto te ne tornavano indietro duecento, e questo nel mondo del rap non esisteva. E poi anche a livello di contenuti, perché c’è stato uno switch, da rap che doveva essere un po’ “da centri sociali” al rap personale, dove ti parlavo di mia mamma, dei miei e dei miei “fra”. Quindi quello è stato uno switch importante. Oggi tutti i rapper ti parlano della mamma, dei “fra” in piazza ma è una cosa che prima non si faceva, quindi penso che abbia portato bene a me e anche a tanti altri colleghi.
E il tuo rapporto con Marracash com’è oggi?
È positivo. Ci siamo sentiti quando è uscito il suo ultimo album “Noi, Loro, Gli Altri”. Gli ho fatto i complimenti perché è stato l’unico disco che mi ha un po’ toccato, quindi gliel’ho scritto in privato.
Nel tuo nuovo album affronti anche il tema della salute mentale. In Marcio non farlo dici “Immagino di essere sempre stato un ragazzo problematico”. Parli di analisi e psicofarmaci. Che rapporto hai con la salute mentale? Viviamo in un paese in cui è ancora un tabù, nonostante la pandemia abbia portato a galla l’importanza del tema.
Beh, adesso molto meglio. Ne ho parlato perché era importante far uscire questa cosa, che mi ha toccato molto negli ultimi due anni. E penso che sia importante anche per chiunque viva situazioni del genere. Perché appunto, come hai detto tu, c’è ancora lo stigma quando si parla di salute mentale. Ed è una cosa che vedo non solo su di me, ma anche molto su su amici, anche ragazzi molto giovani che vivono con ansia, con attacchi di panico. Devono usare psicofarmaci, li ho usati anch’io e non c’è niente di male, questo è il punto. Nel senso che c’è bisogno di togliere questa sorta di tabù, questa sorta di imbarazzo quando si parla di terapia, di analisi, di terapeuti, appunto psicofarmaci, perché sono cose che sono necessarie, fondamentalmente. Poi siamo tutti quanti sullo stesso piano, quello che succede nel mondo tocca tutti, lo stress tocca tutti. Vivere con l’ansia comunque è brutto. Quindi qualsiasi cosa puoi fare per toglierti questa condizione dovresti farla. E se le mie canzoni possono dare una spinta in più per questo meccanismo ben venga.
Tu citi proprio l’ansia anche nel pezzo che si intitola Lo specchio. Una cosa che mi ha colpita è il fatto che sembra quasi un invito ad autoaccettarsi. Tu, da questo punto di vista, a che punto sei?
Molto meglio degli anni precedenti. Questi tre anni sono stati tosti, molto tosti. Però al tempo stesso, guardandoli un po’ da lontano, molto positivi perché mi hanno obbligato comunque ad accettare i miei limiti. Mi hanno obbligato ad accettare le mie mancanze e la mia vulnerabilità. Mi hanno obbligato ad amarmi di più a essere meno severo con me stesso e ad ascoltarmi di più come persona. E a non impormi degli standard che non mi fanno stare bene. Ad ascoltare di più il mio corpo, ascoltare di più le mie necessità e a non impormi standard legati al mio ego, alla mia identità, al mio avatar pubblico.
Al tuo personaggio, in qualche mondo?
Non tanto Mondo Marcio, perché Mondo Marcio sta sul palco, nelle canzoni, e anche se parla di questioni autobiografiche comunque è un’entità costruita, Marcio. Il modo in cui parlo delle cose chiaramente è ingrandito, quindi è ego puro, Mondo Marcio, come è giusto che sia. Proprio come persona ho avuto una disciplina e un’attitudine a volte logoranti, per poter ottenere determinate cose. Quindi ho imparato in qualche modo ad amarmi di più, perché dopo un po’ la macchina va in tilt.
La tua storia familiare non è stata semplice. E ritorna anche in quest’album. La senti ancora come un’urgenza oppure è un modo per tendere una mano ai ragazzini che vivono situazioni complicate?
Ecco, soprattutto l’ultima, la condivisione dell’esperienza. Perché quando ho iniziato a parlarne, quando iniziato a far musica, c’era tanto sfogo. Ero molto arrabbiato ed erano questioni irrisolte per me. C’è ancora parte di sfogo in questo, però è soprattutto una sorta di condivisione con il pubblico, perché queste questioni sono in qualche modo accantonate, o meglio sono superate per me. E ne parlo per questo, perché fanno parte del mio percorso. Sono fiero e contento di averle superate, quindi è anche affascinante e motivante per l’ascoltatore sentire come ne parlavo a 16 anni e come ne parlo a 36. Ne parlo con la prospettiva di uno che è stato messo alla prova e poi ha superato questo ostacolo. E secondo me è un punto di vista molto positivo perché è un po’ come avere un confronto con un tuo amico che ti dice “guarda che ci sono passato anch’io e le puoi superare queste cose”.
Cosa ti rende più orgoglioso di questo disco?
Mah, il fatto intanto che ogni pezzo ha senso di esistere, non ci sono riempitivi, non ci sono pezzi messi lì soltanto perché suonano bene, quindi ogni pezzo ha un significato importante. Ti lascia qualcosa. Penso che sia la cosa di cui sono più orgoglioso, parlando di questo album. Dall’inizio alla fine se senti tutte le tracce anche soltanto una volta comunque ti lascia qualcosa, ti dà qualcosa in più.
Questo disco è rap, senza troppi fronzoli. Ho apprezzato la scelta. Che rapporto hai con la scrittura?
Si, è decisamente rap, con varie sfaccettature, varie influenze ma volevo proprio fare un disco rap. Con la scrittura ho un rapporto catartico. Aiuta me in primis. Ed è una sorta di trasformazione, cioè è un processo quasi chimico attraverso il quale l’energia viene trasformata in canzoni. Quindi le mie emozioni, i miei sentimenti, i miei momenti vengono trasformati in canzoni. E quindi ti dà la possibilità di viverli anche tu questi momenti in qualche modo. Quindi è molto, molto interessante questo. La scrittura è uno strumento per permettermi di metabolizzare certe cose e per condividerle con il pubblico.
Oggi secondo te c’è qualcosa di interessante in mezzo a questo marasma di hit?
Certo. Il nuovo disco di Mondo Marcio (ride; ndr). No, c’è tanto di interessante, soltanto che purtroppo c’è anche tanta confusione. Abbiamo degli strumenti che permettono a tutti di fare tutto e da un lato può essere un bene, ma dall’altro meno. Rispetto a quando ho iniziato io è una figata perché prendi un cellulare tra virgolette ma anche senza virgolette e puoi fare un disco ma dall’altro lato lo possono fare tutti e quindi questo crea molta confusione. Però di roba buona ce n’è, ce n’è tanta, solo che ci vuole un pochino più di lente di ingrandimento per trovarla. Cioè se prima uscivano mille dischi, oggi ne escono un milione.
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Le prime date del tour di Mondo Marcio
1 febbraio – ROMA – Largo Venue
2 febbraio – MILANO – Magazzini Generali
3 febbraio – TORINO – Hiroshima Mon Amour
Biglietti in vendita a partire da lunedì 10 ottobre.
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