Cibo
Il Canto di Anema e Core di Guido Lembo
Ogni volta che vado a Capri di sera è tradizione immergersi nella “Taverna anema e core”. È come se si andasse a Pompei senza recarsi al Santuario della Madonna. Sarebbe sacrilegio. La Taverna è il cuore di Capri.
Si ripete questo rito, questa consuetudine, dal lontano 1995.
Lui era gentilissimo, garbato con le signore; si presentava al loro cospetto il caprese tipico.
Guido emanava freschezza, gaiezza, contentezza. Già parlare con lui era divertente prima che incominciasse a suonare.
Ti accoglieva con il sorriso e mi diceva : “Avvocato sciogliti, canta e balla e poi pensi alle cause”.
Ricordo l’estate del 1995 quando mi provocò con le sue canzoni arrangiate magnificamente con la sua chitarra e con una base ritmica di notevole pregio; era capace di trasportarti e costringerti ad un ballo liberatorio.
Saltai sui tavoli della taverna e danzai con scioltezza, mentre mia moglie Stefania, incinta che aspettava Clara Letizia, era incredula e sbigottita.
Passavano le ore e tutti gli ospiti della Taverna perdevano i freni inibitori: in quei momenti era Dioniso, il Dio dell’ anarchia e della perdizione dei sensi, che dominava la scena: la frenesia caprese ti ammantava e la notte non poteva mai finire; era quella degli ubriachi d’amore che nelle canzoni e nelle danze scatenate, sensuali, vorticose, toccavano la gioia.
L’ho visto l’ultima volta nel trentennale della “Taverna anema e core”, già provato dalla malattia e comunque sempre signorile. Mi abbracciò e fece segno al figliolo, che ora guida la sua band in quell’anfratto di piacere e di lussuria, che ero suo amico: non dovevo pagare. E l’invito si estese anche ai miei ospiti.
Ci abbracciammo nel ricordo di estati capresi che la meraviglia della vita fortunatamente mi ha donato.
Ha cantato con anema e core il mio amico Guido Lembo.
A Napoli ha un significato particolare: è il trionfo della poesia, il tocco dell’infinito che pervade lo spirito.
E per questo lo porto nel cuore.
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